Gravidanza e Coronavirus: la dolce attesa ai tempi del Covid-19

Dalla tocofobia alla trasmissione verticale, passando per il taglio cesareo. Ecco una risposta a tutte le domande delle donne incinte sul Coronavirus: cosa sapere assolutamente per vivere in modo sereno la gravidanza nonostante la pandemia.

Gravidanza e Coronavirus: la dolce attesa ai tempi del Covid-19

Foto Shutterstock | haveseen

La gravidanza è un momento molto particolare e delicato per la donna, soprattutto in un’epoca in cui si fanno i conti con una pandemia come quella causata dal Coronavirus (SARS-CoV-2). È un momento, questo, in cui interrogativi e paure sono fisiologici, amplificati dalla cornice di incertezze sul nuovo virus e sulla malattia ad esso ricondotta, il Covid-19. Ecco perché occorre provare a fare chiarezza su gravidanza e Coronavirus: vivere la dolce attesa serenamente, anche in un contesto emergenziale come quello attuale, si può.

Gravidanza e Coronavirus: da dove partire

Partiamo da due punti fondamentali, che valgono sempre e per ogni genere di argomento: non cedere all’ansia e affidarsi a tutto ciò che è ufficiale. Fonti, notizie, vademecum su gravidanza e Coronavirus distribuiti dai canali istituzionali – come le note informative del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) – sono preziosi approfondimenti, calibrati sulla base delle più comuni domande e supportati dalle risposte della scienza.

Attraverso le giuste fonti a cui fare riferimento, e con un’analisi razionale dello stato dell’arte in materia, si emerge facilmente dal limbo di fake news e timori immotivati che rischiano di far cadere la donna in dolce attesa tra le sabbie mobili di dubbi e angosce.

Alle future mamme sono dedicate speciali sezioni sui siti del Ministero della Salute e dell’ISS, in cui sono presenti anche i dati prodotti dagli studi scientifici finora condotti sull’argomento. Non si tratta di una questione puramente nazionale, ma riguarda milioni di donne in tutto il mondo.

Interessante, a tal proposito, è il contributo fornito dal Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (RCOG, associazione degli ostetrici e dei ginecologi del Regno Unito), attraverso un documento aggiornato in materia di gravidanza e pandemia. Un’analisi a 360 gradi che abbraccia gli interrogativi delle mamme in dolce attesa e degli operatori sanitari coinvolti in ambito ostetrico e ginecologico, per fornire assistenza a donne incinte e professionisti nel contesto dell’emergenza.

Tocofobia: significato e riflessi nel contesto della pandemia

Avete mai sentito parlare di tocofobia? È la paura del parto, comune a tantissime donne e per alcune motivo di allontanamento dall’orizzonte della maternità. Temere il dolore e le conseguenze della nascita di un figlio, dal punto di vista fisico ed emotivo, contribuisce in modo sensibile alla formazione di questo approccio, cui ora si somma anche il bagaglio di tensioni prodotte dalla diffusione del Coronavirus.

La pandemia esalta questa paura e la porta su un piano molto più esteso rispetto a quella che, in condizioni ordinarie, si insinuerebbe prettamente in una dimensione individuale: partorire in piena emergenza Covid-19, infatti, comporta una recrudescenza dei timori non solo del momento in sé – che spaventa da sempre tantissime future mamme – ma anche di tutte le questioni annesse alla nascita di un figlio. Paura che si riflette sulla percezione dei reali rischi per se stesse, il nascituro e il proprio partner.

Posso mettere al mondo il mio bimbo in modo sicuro? Potrebbe infettarsi durante la nascita? Se sono positiva al virus, posso trasmettere l’infezione a mio figlio, prima e dopo la nascita? E ancora, il mio compagno può assistere al lieto evento? E come sarà il post partum? Potrò stringere il mio bimbo tra le braccia, allattarlo? Sono questi i punti domanda pregnanti che proveremo a risolvere, una riga dopo l’altra, tenendo per mano ciò che la scienza attualmente ci dà in termini di osservazione clinica e dati.

Donne incinte: come proteggersi dal contagio?

Una donna incinta è più suscettibile al virus? La gravidanza in sé comporta notevoli cambiamenti, anche dal punto di vista immunitario, che si possono tradurre in una maggiore vulnerabilità alle infezioni di natura respiratoria. SARS-CoV-2 rientra in questa fattispecie, tuttavia non ci sono dati scientifici che indichino con certezza un rischio maggiore in gravidanza, né problemi futuri a madre e bambino.

I seguenti consigli valgono sempre per proteggersi e proteggere dal contagio:

  • rimanere il più possibile a casa
  • lavarsi spesso le mani
  • evitare di toccare naso, bocca e occhi
  • non stare a contatto con persone che manifestino sintomi influenzali o simili, che siano positive al Coronavirus o malate di Covid-19
  • mantenere sempre la minima distanza interpersonale di 1 metro.

Si tratta di raccomandazioni che riguardano pratiche di prevenzione primaria utili a ridurre i rischi di contrarre e diffondere l’infezione, come indicato dal Ministero della Salute e dalle istituzioni internazionali.

L’ISS sottolinea che le donne in gravidanza, allo stato attuale, contrariamente a quanto osservato per l’influenza H1N1, per la SARS e la MERS, non sembrano manifestare comunque maggiore suscettibilità al SARS-CoV-2 rispetto alla popolazione generale, così come non risulta certo lo sviluppo di un quadro clinico peggiore.

Cosa fare in caso di positività al coronavirus durante la gravidanza

Una delle domande più frequenti riguarda la condotta da tenere in caso di accertata positività al Coronavirus durante la gravidanza. Se una donna incinta ha fatto il tampone e dal test risulta che ha contratto il SARS-CoV-2, come deve comportarsi?

La scienza, anche in questo caso, invita alla prudenza ma senza cedere al panico e a uno schizofrenico e pericoloso ricorso al fai da te. In caso di infezione, non è certo che si corrano particolari rischi né per la madre né per il feto. La prima cosa consigliata è rivolgersi ai medici e, salvo valutata necessità di ricovero in ospedale, procedere con follow-up a domicilio nel totale rispetto di tutte le raccomandazioni di sicurezza.

Il parto cesareo durante l’epidemia di Coronavirus

Il parto cesareo è una scelta di tante donne che soffrono di tocofobia, ma anche un’opzione sul tavolo dei medici quando le condizioni cliniche di madre o nascituro rendono impraticabile il parto naturale.

Attualmente, riporta l’ISS, Organizzazione Mondiale della Sanità, Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) e il già citato RCOG non raccomandano il taglio cesareo elettivo per le donne con sospetta/accertata infezione da SARS-CoV-2 o affette da Covid-19, la malattia da esso innescata. Le autorità sanitarie e scientifiche, dunque, non lo raccomandano, salvo specifiche indicazioni cliniche, materne o fetali.

In ospedale, è bene ricordarlo, sono stati predisposti percorsi protetti in cui vengono accolte le donne incinte con sospetto Covid-19 o positive, e sono allestite sale parto dedicate con gli appositi dispositivi di protezione dal contagio, sia per il personale sia per la mamma e per chi la accompagna. Il vostro partner può assistere al parto? In linea di massima sì, ma soltanto se non è positivo al Coronavirus e se l’ospedale di riferimento lo permette.

Gravidanza e coronavirus: la trasmissione verticale

La diffusione del contagio, secondo quanto evidenziato dagli studi scientifici finora condotti, avviene principalmente per via aerea con le goccioline di saliva (droplet) con cui una persona infetta trasmette il Coronavirus.

Non è noto se sia possibile una trasmissione verticale – termine con cui si indica il trasferimento di patogeni da madre a figlio durante la vita intrauterina o neonatale – del SARS-CoV-2 da madre a feto: il virus non è stato rilevato nel liquido amniotico, e neppure nel sangue neonatale prelevato da cordone ombelicale.

In casi che la scienza indica come rari, il contagio si è evidenziato tramite contaminazione fecale ed è per questo, sottolinea il Ministero della Salute, che RCOG raccomanda di evitare il parto in acqua per le donne SARS-Cov-2 positive.

Uno studio condotto dai ricercatori del China Novel Coronavirus Investigating and Research Team, intitolato “Lack of Vertical Transmission of Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2” è stato pubblicato sul sito del CDC e riguarda il caso di una paziente Covid 30enne.

Il liquido amniotico, il sangue del cordone ombelicale, la placenta e il latte materno risultavano negativi nonostante la positività della madre e il suo bimbo è nato sano.

Allo stesso risultato è giunto lo studio pubblicato sulla celebre rivista scientifica The Lancet, intitolato “Clinical characteristics and intrauterine vertical transmission potential of COVID-19 infection in nine pregnant women: a retrospective review of medical records”: i bambini nati da 9 donne Covid positive non sono stati infettati, neanche durante l’allattamento.

Post partum: allattamento e coccole

Allattamento e Coronavirus, un binomio che suscita parecchi interrogativi nelle donne incinte. Il tema della trasmissione verticale riguarda anche un’altra domanda: è possibile l’allattamento durante questa emergenza? È possibile in caso di madre positiva?

Le informazioni scientifiche attualmente disponibili, precisa l’Istituto Superiore di Sanità, e il potenziale protettivo del latte materno inducono a ritenere che in caso di sospetta o accertata positività della donna, se le sue condizioni cliniche lo consentono, l’allattamento è possibile e va avviato e mantenuto.

Anche in questo caso, infatti, il SARS-CoV-2 non è stato rilevato nel latte materno delle mamme positive raccolto dopo la prima poppata. Ovviamente, occorre procedere con la massima prudenza per tutelare la salute del bambino, adottando misure preventive come la corretta igiene delle mani e l’uso di mascherine protettive durante l’allattamento.

In caso di impossibilità a procedere direttamente con il seno, quando madre e figlio siano costretti a temporanea separazione, si raccomanda la spremitura manuale o meccanica e sempre nel rispetto delle dovute misure di prevenzione.

Al momento della stesura di questo articolo, Oms e Cdc hanno ribadito, con aggiornamento del 26 marzo 2020, le indicazioni relative all’allattamento e al contatto madre-bambino in caso di neonati/neonate da madri sospette, probabili o confermate Covid-19:

  • le madri che allattano, praticano il pelle-a-pelle o KMC dovrebbero adottare misure igieniche come uso della mascherina, igiene delle mani, pulizia delle superfici
  • nel caso in cui il quadro clinico materno le impedisca di prendersi cura del suo bambino o di proseguire l’allattamento al seno, le madri dovrebbero essere incoraggiate e sostenute per la spremitura del latte, che dovrebbe essere somministrato in sicurezza al bambino con misure IPC (prevenzione e controllo delle infezioni)
  • i genitori, i padri e caregiver che fossero separati dai propri bambini, e i bambini/e che potrebbero avere necessità di essere separati dai propri caregiver primari (madre, padre) dovrebbero avere accesso a personale sanitario e non, per un valido supporto psicologico

Sul portale “Epicentro” dell’ISS si specifica come nella versione al 22 marzo 2020 delle sue indicazioni ad interim, “la Società Italiana di Neonatologia suggerisce ogni qualvolta possibile di gestire in modo congiunto madre e bambino, ai fini di facilitare l’interazione e l’avvio dell’allattamento; qualora la madre sia sintomatica e con un quadro clinico compromesso, madre e bambino vengono transitoriamente separati“.

Parole di Giovanna Tedde