Sindrome da Snapchat: quando il filtro è ritenuta la versione migliore di sé

Non riuscire a riconoscersi e ad accettare la propria immagine perché assuefatti da un filtro social? Non solo è possibile, ma ha anche un nome.

Sindrome da Snapchat: quando il filtro è ritenuta la versione migliore di sé

Foto Instagram @aarianagrande

Immaginate la scena: recarsi in uno studio medico, presentando al chirurgo estetico l’esatto risultato che si vorrebbe ottenere tramite un selfie di sé stessi, con un filtro social. Aberrante, vero? Purtroppo però pare non si tratti di una probabile fantasia, quanto piuttosto di una cruda realtà, determinata dall’eccessiva importanza riposta in quello che dovrebbe costituire solo un futile gioco.

I filtri sono ormai parte di numerosi social, programmati con l’intento scherzoso di trasformare l’aspetto di chi li utilizza solo temporaneamente, per soddisfare una curiosità comune.

L’abitudine a questi però, soprattutto nei giovani -i quali si trovano ancora in una sorta di delicata fase di “assestamento” nell’accettazione di sé e nella loro stessa consapevolezza- è stata provata causare quella che è catalogata in ambito medico come Dismorfia, in questo caso da Snapchat. Perché proprio questo nome social, seppur non sia l’unico ad includere l’utilizzo di filtri al suo interno? Semplicemente perché è stato il primo ad includerli nella piattaforma.

In cosa consiste la Dismorfia da Snapchat?

Quella che è oramai ritenuta un’autentica sindrome, prevede e spinge chi ne soffre ad un’importante alterazione dell’immagine di sé stessi, chiaramente distorta, la quale fa figurare ciò che è ritenuto un difetto -magari puramente per chi lo sta giudicando tale in prima persona- come deforme, mostruoso e, dunque, inaccettabile. Questo porta all’inevitabile assenza di autostima, che ha come prima conseguenza l’isolamento e subito poi ad una disperata corsa verso la chirurgia estetica.

Chiaramente con l’avvento di tale problematica le reazioni di diverse case cosmetiche e celebrities non si è fatta attendere: una su tutte Lush, che ha optato per la drastica scelta di rinunciare a comparire sui social per non continuare a promuovere canoni inarrivabili pur di sponsorizzarsi. Dove ha invece posto maggior accento sul “vecchio” ma sempre attuale progetto Autostima Dove, imputando all’abuso dei social l’aumento delle problematiche di accettazione di sé.

La body e skin positivity promossa dalle influencer su Instagram

I social stanno generando una mole non indifferente di confusione in questo senso, ma c’è anche del buono: un contributo sostanziale sta venendo da diverse Influencer con la body positivity, le quali si impegnano -anche giornalmente- a sensibilizzare e normalizzare aspetti semplicemente umani, specificando quello che era ritenuto ovvio ma che, forse, non lo è.

Abbiamo visto in questi giorni Chiara Ferragni parlare della sua acne, come prima di lei avevano fatto Giulia de Lellis e Aurora Ramazzotti, secondo quella che è stata chiamata skin positivity. Alice Basso invece ha più volte mostrato in video come le diverse pose fotografiche possano cambiare all’apparenza il corpo, mostrando il suo in tutta la propria meravigliosa normalità. Perché, in fondo, è solo di questo che si tratta!

Parole di Sara Iaccino