Trombosi venosa: sintomi, cause e cosa fare

La trombosi è caratterizzata da un'aggregazione piastrinica che blocca il flusso sanguigno, causando dei trombi: ecco qualche informazione sui sintomi, le cause e le cure.

Trombosi venosa: sintomi, cause e cosa fare

Trombosi venosa, una malattia che colpisce le vene più importanti del corpo, quelle che hanno il compito di trasportare il sangue verso il cuore e i polmoni. Una malattia caratterizzata dalla formazione di un coagulo sanguigno, un trombo, che provoca la progressiva occlusione del vaso e che può ostacolare la circolazione sanguigna, con conseguenze negative. Ma cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta, quali sono i sintomi, le cause più papabili e cosa è meglio fare.

I sintomi e le cause possibili

La sintomatologia della trombosi venosa comprende un dolore intenso in corrispondenza dell’arto colpito dal problema. Un dolore che può essere definito bruciante, simile a un crampo, talvolta accompagnato da gonfiore, arrossamento e aumento della temperatura nella zona interessata.

Tra le cause principali, invece, si possono annoverare: interventi chirurgici, soprattutto di tipo ortopedico o addominale, così come i traumi che hanno comportato un’immobilizzazione prolungata di un arto, inferiore o superiore, o i ricoveri in strutture sanitarie accompagnati da lunga degenza con riposo forzato a letto per molto tempo. Da non escludere, tra le cause del problema, anche la gravidanza, i tumori e l’utilizzo di alcuni farmaci, come, per esempio, gli estroprogestinici contenuti in alcuni metodi anticoncezionali. Come fattori di rischio, invece, oltre alla predisposizione genetica e alla familiarità, meglio non sottovalutare le pessime abitudini di vita, come il fumo e l’alcol, ma anche il sovrappeso e l’obesità.

Cosa fare

In presenza dei sintomi, meglio rivolgersi al medico per un controllo. Medico che solitamente arriva alla diagnosi grazie a un esame, un’ecografia. A questo punto, per evitare che la situazione peggiori, che il trombo si ingrossi, non resta che intervenire tempestivamente. Innanzitutto, con una terapia anticoagulante, somministrata sottocute o endovena. Cura immediata alla quale segue un trattamento a lungo termine, una terapia da assumere per via orale a base di farmaci antagonisti della vitamina K capaci di inibire la sintesi di alcune proteine responsabili della coagulazione del sangue.

L’alternativa più recente all’approccio terapeutico in due fasi si basa sulla somministrazione di un unico farmaco, sotto forma di compresse orali, capace di agire in tempi rapidi, che sfrutta l’azione di una molecola in grado di bloccare direttamente il fattore di coagulazione. Una novità che comporta alcuni vantaggi, sia in termini di efficacia sia di durata.

Parole di Camilla Buffoli