Per diagnosticare i tumori potrebbe bastare un esame delle urine

I ricercatori dell’Università di Edimburgo hanno messo a punto un nuovo test delle urine in grado di diagnosticare precocemente un tumore allo stomaco, al pancreas o all’intestino.

Per diagnosticare i tumori potrebbe bastare un esame delle urine

Un semplice esame delle urine per scoprire l’esistenza di tumori in via di sviluppo nel nostro corpo. Sembra proprio che il futuro della diagnosi precoce si faccia sempre più roseo per quanto riguarda questa malattia, e, soprattutto, comodo e poco invasivo per il paziente. A tal proposito, vi segnalo appunto i buoni risultati conseguiti dai ricercatori dell’Università di Edimburgo (Scozia, GB) nel mettere a punto test delle urine sempre più affinati e mirati come markers tumorali.

Si tratta di un nuovo esame che solo analizzando le urine, è in grado di individuare un probabile cancro allo stomaco, al pancreas o all’intestino solo grazie all’individuazione di alcune molecole, sei proteine, per la precisione, che sono presenti nel 98% di queste neoplasie (percentuale elevatissima), ma non nelle urine del 90% degli individui sani.
 
La cosa veramente importante, è che con questo tipo di test è possibile ottenere una diagnosi molto precoce del tumore, quando, cioè, si trova ad uno stadio tale che le altri esami diagnostici difficilmente sarebbero in grado di rilevarlo. Una tempestività che significherebbe cure immediate per bloccare lo sviluppo del cancro con una percentuale di successo praticamente del 100%.
 
Holger Husi, uno degli autori di questa importante scoperta, infatti così commenta: “Un’analisi più tempestiva significherebbe poter operare o sottoporre a chemioterapia un numero maggiore di pazienti”.
 
Sappiamo, infatti, che in queste forme tumorali – il cancro allo stomaco, al pancreas e all’intestino – è proprio la diagnosi tardiva (dovuta anche al fatto che si tratta di neoplasie quasi asintomatiche in fase iniziale) a dare poche speranze di sopravvivenza a chi ne viene colpito. I risultati dello studio scozzese sono stati pubblicati sulla rivista Proteomics-Clinical Applications.

Parole di Paola Perria