Ernia del disco: troppi interventi non necessari

In un recente congresso sulla chirurgia vertebrale si è parlato di ernia del disco, disturbo diffuso e doloroso. Nella maggior parte dei casi si può curare senza ricorso al bisturi

Ernia del disco: troppi interventi non necessari

L’ernia del disco è un disturbo piuttosto frequente e doloroso, che colpisce sia in età giovanile che negli anziani. Si stima che un buon 30% di tutte le forme di lombosciatalgia che vengono segnalate ai fisiatri, siano originate proprio da un’ernia discale. Tuttavia, nell’80% dei casi, questo problema si risolve spontaneamente, senza necessità di intervenire chirurgicamente. Proprio dell’eccessivo ricorso al bisturi per curare il mal di schiena da ernia lombare si è parlato nel corso del recente congresso della Società italiana di chirurgia vertebrale, dove si è fatto il punto sull’incidenza e sulle cause di questo disturbo, spesso limitante, e sulle terapie migliori per aiutare il paziente a venirne fuori .

Spiega il prof Giancarlo Guizzardi, neurochirurgo dell’ospedale universitario Careggi di Firenze, che il mal di schiena, spesso, non è originato ancora da un’ernia vera e propria, ma da una protrusione discale. “Con l’età la sostanza gelatinosa (nucleo polposo) che svolge funzione ammortizzante tra i dischi intervertebrali tende a disidratarsi provocando un aumento della pressione sull’anello fibroso che lo circonda.
 
In pratica, questo cuore gelatinoso deborda, dando luogo ad una protrusione con l’inizio del mal di schiena. Questa è una situazione molto diffusa e non pericolosa che non richiede trattamento chirurgico – prosegue lo specialista – Tuttavia, per evitare che la protrusione degeneri e porti alla formazione di un’ernia discale espulsa, in seguito alla rottura dell’anello contenitivo con fuoriuscita del gel ammortizzante, è importante adottare un’adeguata strategia terapeutica, dopo aver individuato eventuali fattori predisponenti”.
 
In cosa consiste questa strategia? “Gli strumenti a disposizione – specifica Guizzardi – sono la terapia farmacologica per controllare il dolore (dal paracetamolo agli oppioidi), la fisioterapia (evitando immobilità che peggiora il dolore) fino ad arrivare all’assistenza psicologica per aiutare i pazienti a superare la fase critica”. Tuttavia, vi sono anche dei casi in cui l’intervento chirurgico si ritiene indispensabile:
 
I candidati ideali all’intervento – conclude il prof. Guizzardi – sono coloro che, nell’arco di un breve periodo di tempo (in genere un anno) hanno almeno tre o quattro episodi di sciatica che durano più di una settimana ognuno e non rispondono alle cure conservative. Inoltre, si opera anche quando, oltre al dolore, sono presenti deficit neurologici importanti, come per esempio debolezza del piede e delle gambe”.

Parole di Paola Perria