Coda alla vaccinara, il segreto che neanche i romani sanno: così non avrete rivali in cucina

Coda alla vaccinara, il segreto che neanche i romani sanno: così non avrete rivali in cucina

Coda alla vaccinara, il segreto per cucinarla alla perfezione - Pourfemme.it

La coda alla vaccinara è un piatto della tradizione romana ricco e saporito: la ricetta originale contiene un ingrediente segreto

La coda alla vaccinara è un piatto rustico e succulento tipico della cucina romana. Si tratta di una ricetta molta antica che vede protagonista la coda di manzo (regina del quinto quarto insieme a guancia, trippa, coratella e altre frattaglie), tagliata in pezzi regolari e stufata per almeno 3 ore, con abbondante sedano e salsa di pomodoro, finché la carne non inizierà a staccarsi dall’osso.

E’ un piatto nato nel cuore di Roma, precisamente nel rione Regola. Infatti con l’espressione “coda alla vaccinara” si intendeva la carne macellata destinata ai vaccinari, ovvero gli abitanti del rione. Era un alimento talmente diffuso che gli abitnti assunsero il soprannome di  “vaccinari-mangia-code”. La portata si trova comunemente nei menu delle trattorie di Testaccio e Trastevere. Per chi invece vuole cucinarla in casa, è bene sapere che ha tempi di cottura molto lunghi e presenta un ingrediente segreto.

Coda alla vaccinara: la ricetta originale del piatto tipico romano

La coda alla vaccinara è una delle ricette più amate della cucina tipica romana, un secondo saporito e ricco che possiamo preparare per le occasioni speciali. La sua invenzione viene comunemente attribuita all’osteria Checchino dal 1887. La figlia dei fondatori del locale ebbe l’intuizione di introdurre nella ricetta un ingrediente inizialmente tenuto segreto e solo dopo svelato ai clienti: il cacao amaro.

Coda alla vaccinara, la ricetta antica originale

Coda alla vaccinara: il segreto dell’ingrediente che la rende più gustosa (pourfemme.it)

Regina del quinto quarto con guancia, trippa e coratella, la coda alla vaccinara è un piatto gustoso che, grazie all’aggiunta del cacao amaro presenta un gusto agrodolce in grado di addolcirne il sapore. Con il tempo, da carne destinata ai ceti poveri, la pietanza si è trasformata in un piatto per speciali intenditori e non è sempre facile reperirla. Attualmente, per chi volesse assaggiarla, si trova ancora oggi in molte osterie e ristoranti della Capitale.

Riguardo a come cucinarla esistono due macro scuole di pensiero. C’è chi, rifacendosi al celebre libro del 1929 di Ada Boni, “La cucina romana”, la sbollenta prima e la ripassa poi con il sugo in padella. L’altra versione, più diffusa nella trattorie, prevede una cottura lenta di almeno tre ore,  accompagnata da abbondante sedano e una spolverata di cioccolato fondente o cacao amaro in polvere. Per scegliere l’esatto tempo di cottura, basta vedere quando la carne comincia a staccarsi dall’osso.

La pietanza può essere un secondo da gustare per una serata informale tra amici in abbinamento a un calice di vino rosso corposo o da utilizzare anche per condire un buon piatto di pasta.