La fuga da un matrimonio combinato in Siria e la libertà ritrovata in Italia: la storia di Amani El Nasif [INTERVISTA]

399 giorni di prigionia nella sua terra d'origine. Una vacanza trasformata in una gabbia di violenze quotidiane per un matrimonio combinato con un cugino mai visto prima. Amani aveva 16 anni ed è riuscita a tornare in Italia grazie all'aiuto di un cugino del padre. Oggi è mamma di una bimba di quattro anni e mezzo, ha scritto un libro e continua a sognare

La fuga da un matrimonio combinato in Siria e la libertà ritrovata in Italia: la storia di Amani El Nasif [INTERVISTA]

Come ti sentiresti se a metterti in prigione fosse la tua stessa famiglia? È da questa domanda che parte la nostra intervista ad Amani El Nasif, una ragazza, anzi, una donna, oggi anche mamma, siriana di nascita ma cresciuta in Italia, che per più di un anno ha vissuto una vera e propria prigionia. Un viaggio nella patria d’origine sotto le mentite spoglie di una vacanza, non era altro che una trappola per un matrimonio combinato con un cugino, mai visto e conosciuto: “Il pensiero che un estraneo potesse decidere per me, fare di me ciò che voleva, lo ritenevo profondamente ingiusto, e questo mi ha dato la forza di reagire” ci racconta. Oggi Amani è una donna libera, grazie all’intervento di un cugino del padre che, vista la situazione, ha fatto da tramite, convincendo i genitori a un ritorno in Italia, dove continua la sua vita, ha scritto un libro “Siria mon amour” ed è diventata testimonial per una capsule collection del brand cosmetico Wycon, che si chiama Wyconic Amani, dedicata al fascino e alla bellezza medio-orientale.

Quando parli di quello che hai vissuto non parli mai di poco più di un anno o 13 mesi ma di 399 giorni, perché?
“Avevo 16 anni quando sono stata portata in Siria per quella che credevo una vacanza nella mia terra d’origine. Avevo vissuto in Italia la mia adolescenza e lì, tutto quel tempo, mi sentivo sola, senza nessuno che mi potesse aiutare. Durante quei 399 giorni, per la maggior parte del tempo sono stata picchiata e ho vissuto situazioni davvero difficili. Non voglio parlare di 13 mesi perché si potrebbe pensare a un periodo che passa veloce, mentre specificando i giorni si capisce di più il mio tempo di allora, che non passava mai”

Com’era la tua quotidianità in Siria?
“Non potevo uscire da sola, nemmeno accompagnata. L’unica cosa che potevo fare era andare nella casa di mia cugina a circa 50 metri di distanza. Non mi era permesso di fare niente in autonomia. Solo quando veniva a trovarci un cugino di mia madre andavamo insieme in città ad Aleppo, altrimenti la mia vita si svolgeva solo in casa. Ma più loro cercavano d’imprigionarmi, più io non mi arrendevo a quella situazione”

Non avevi contatti con l’Italia?
“L’unico mezzo di comunicazione che avevo era un cellulare che tenevo nascosto nel reggiseno o nei calzini, legato con un piccolo elastico. Ovviamente non è che potessi uscire e andare a fare le ricariche dal tabacchino, quindi ogni volta era molto difficile. Con il mio primo grande amore che ho avuto qui in Italia, Andrea, riuscivo a sentirmi tutte le notti alle 3, quando avevo la certezza che tutti fossero andati a dormire. Avevamo questo appuntamento fisso, che era in realtà un patto: dovevamo sentirci ogni notte. Se non fosse successo voleva dire che mi era accaduto qualcosa di grave. Ovviamente successe diverse volte, perché quando mi picchiavano non riuscivo ad essere cosciente per poter fare questa chiamata. Una volta, durante un litigio molto forte, quello che sarebbe dovuto diventare mio marito mi stava dando dei calci nelle gambe, vicino alla caviglia dove tenevo il cellulare, e partì una chiamata. Andrea aveva sentito in diretta le mie urla e le mie lacrime. Quella notte finì addirittura in ospedale perché era convinto che mi avessero ammazzato”

Non eri la sola però a vivere queste tremende situazioni di violenza quotidiana
“Nel villaggio di mio padre era una situazione del tutto normale che la donna non valesse assolutamente nulla e dovesse solo essere sottomessa. La Siria non è però tutta così, le cose già cambiavano quando andavo nel villaggio di mia madre. Nonostante la situazione fosse molto più rigida nel villaggio di mio padre, è stato proprio un suo cugino che mi ha aiutato, questo ci deve far capire che, per fortuna, non tutti gli uomini sono uguali. Lui mi diceva che non potevo vivere quella situazione perché, a differenza delle mie cugine, la libertà l’avevo conosciuta e assaporata”

Come sei riuscita a tornare in Italia?
“Il cugino di mio padre l’aveva convinto a tornare in Italia per rifarsi una vita con noi fuori dalla Siria. Mio padre infatti aveva lasciato me e mia mamma dicendo che andava via per lavoro ma poi di fatto era scomparso”

Hai più avuto notizie del cugino che avresti dovuto sposare?
“Ho saputo che l’anno scorso è stato rapito ad Aleppo ed era sparito per un paio di mesi, poi è stato ritrovato in condizioni pietose, ma adesso è vivo e sta bene. Non ho avuto più contatti con lui”

Che rapporto hai oggi con tua mamma?
Oggi ho ripreso un rapporto, anche perché dopo 13 mesi ho capito la sua realtà, il suo contesto d’origine. Quando sono tornata ho cercato di mantenere la calma: se avessi dovuto seguire il mio istinto avrei preso i documenti e me ne sarei andata via subito di casa. Sono stata in famiglia fino ai 18 anni. Appena compiuti sono andata a convivere con Andrea. Dopo un anno e mezzo ho incontrato mia madre sulle strisce pedonali, ci siamo sfiorate ma nessuna delle due ha avuto il coraggio di dire niente, così mi sono chiesta ‘è questo l’ultimo ricordo che voglio avere di mia madre?’. Mi sono risposta di no. Il perdono non è che lo progetti, lo senti, e così ho riallacciato i rapporti con lei.

Quali sogni sei riuscita a realizzare una volta tornata in Italia e cosa vorresti nel tuo futuro?
“Ho una famiglia, una bambina di quattro anni e mezzo che si chiama Vittoria, posso amare liberamente una persona, sono autonoma e indipendente, ma questo non vuol dire che non sogni il matrimonio e l’abito bianco”

Sei anche diventata un esempio per tante ragazze che si sono ritrovate nella tua stessa situazione
Vengo contattata da tantissime ragazze e cerco sempre di dare un messaggio di speranza, nonostante la storia violenta e difficile che ho vissuto. Cercano conforto, mi scrivono la loro situazione, quello che accade loro in casa con i genitori. Ancora oggi molte ragazze, che hanno vissuto tutta la loro vita in Italia, d’estate vengono portate nel paese d’origine e, di fatto, poi spariscono.