Minori scomparsi, 10mila bambini inghiottiti nel "nulla" della criminalità

Nella Giornata Mondiale dei Minori Scomparsi, Pourfemme.it evidenzia il traffico di esseri umani dietro il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati

Minori scomparsi, 10mila bambini inghiottiti nel “nulla” della criminalità

Si chiamano “allontanamenti volontari”. Nella banca dati della Direzione Centrale Polizia Criminale del Dipartimento di Pubblica Sicurezza ne sono registrati 10.571, di cui 8.024 riguardano minori. Sono dati, numeri, su quelli che possono sembrare solo dei freddi rapporti di polizia, mentre invece nascondono un problema che sta crescendo e che sempre di più coinvolge una delle fasce più deboli della popolazione: i minori, o meglio, i bambini e i ragazzi, di cui si perdono le tracce. Come si legge nell’ultimo rapporto del Commissario Straordinario delle persone scomparse, dal primo gennaio 1974 al 31 dicembre 2015, delle 34.562 persone scomparse sul nostro territorio ancora da rintracciare, 21.240 sono minorenni, di cui 1.912 italiani e 19.328 stranieri. Focalizzandoci solo sugli ultimi 4 anni, dal 2012 al 2015, su un totale di 15.687 persone ancora da ricercare, 11.820 sono minori (75,3%).

MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI = TRAFFICO DI ESSERI UMANI?

Le cifre parlano purtroppo da sole, l’alta percentuale di bambini stranieri scomparsi apre infatti il gigantesco problema dei minori stranieri non accompagnati (MSNA), definito una vera e propria emergenza umanitaria dalle stesse associazioni che devono fronteggiarla ogni giorno. Giovani vite che sbarcano dopo percorsi che possono durare anni, scappando da realtà terrificanti, che possono diventare facili prede per chi vede in loro solo una risorsa da sfruttare: “Il minore non accompagnato che viene accolto nei centri d’accoglienza, nella maggior parte dei casi si allontana volontariamente perché spesso sa chi deve raggiungere, ad esempio un familiare, presente sul territorio o in uno stato diverso dal nostro. Altre volte però, la scomparsa è legata a una situazione di disagio – commenta l’avvocato Patrizia Trapella, presidente dell’Associazione Vite Sospese – Pensiamo ad esempio all’iter burocratico, legato all’attesa del riconoscimento dello stato di rifugiato o al vedersi riconosciuto l’asilo politico per questi ragazzi che arrivano da realtà di guerra e di persecuzione, che quasi mai è inferiore a un anno. In questi casi di ragazzi vulnerabili esiste il rischio di essere inseriti nei circuiti della criminalità organizzata, come la prostituzione, lo spaccio di droga, l’accattonaggio o peggio ancora il traffico d’organi.

stranieri scomparsi
[Fonte: Servizio per il Sistema Informativo Interforze del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Ministero Interno]

Come si evince dal grafico, della totalità degli stranieri ancora da ricercare nel nostro territorio, il 74,7% riguarda minori, che tradotto in numeri diventa un dato agghiacciante: 19.328. A marzo sono stati rivelati i dati del Rapporto Summit, coordinato da Missing Children Europe: solo nel 2015 sono arrivati in Europa 89.000 bambini non accompagnati, numero che deve far riflettere sull’aumento del fenomeno, visto che nel 2014 erano 23.000. L’anno scorso, dalla cifra totale, bisogna levarne 10.000. Sono quelli scomparsi, quelli di cui non si hanno proprio più notizie. Se poi aggiungiamo il fatto che molti minori scompaiono prima di essere registrati, possiamo solo arrotondare per eccesso queste cifre. Il progetto CONNECT ha riportato come già nel 2013, quindi prima dell’aumento dei flussi migratori, ci siano state 12.690 richieste d’asilo negli Stati Europei da parte dei MSNA, e la maggior parte di loro proviene dall’Afghanistan, dalla Somalia, Siria e dall’Eritrea e sono stati raccolte principalmente da Svezia, Germania, Regno Unito, Austria e Italia. Di questi, circa il 24% si sono perse le tracce dai centri d’identificazione o ancora prima. Dei 5.200 bambini arrivati in Italia nel 2013, la maggior parte viene dalla Siria (1224), Egitto (1144), Somalia (820) e Eritrea (685).

Un fenomeno complesso, che parte anche da una differente metodologia nell’affrontare il problema, rendendo di fatto ancora più difficili le comunicazioni tra i diversi Stati: “L’allarme è sulla carenza di una normativa europea che preveda delle linee guida e delle norme uniformi su questa problematica. I tempi per le richieste d’asilo non sono mai inferiori agli 8 mesi/ un anno, ci sono infatti evidenti difficoltà nell’identificare un minore non accompagnato, che spesso arriva senza documenti quindi è difficile da identificare, sapere la sua esatta provenienza” denuncia l’avvocato Patrizia Trapella. Come leggiamo nel rapporto del Commissario Straordinario per le persone scomparse, Vittorio Piscitelli: “Molti non sono più rintracciabili, e anche quando vengono ritrovati (solo il 10%), forniscono, quasi sistematicamente, false generalità per non essere individuati e rispediti in Italia, primo paese di ingresso della frontiera UE. Così il numero degli scomparsi finisce per moltiplicarsi. Si tratta dei cosiddetti minori “invisibili”, e quindi più vulnerabili perché, mossi dalla necessità di ripagare rapidamente il debito contratto dalle famiglie con i trafficanti per organizzare il loro viaggio in Italia o di reperire i soldi necessari per proseguire il viaggio verso altre mete, sono esposti maggiormente al rischio di sfruttamento. Il bisogno li spinge ad accettare qualunque lavoro e a qualunque condizione”.

Il fenomeno si può tradurre in un vero e proprio traffico di esseri umani. Chi si occupa da vicino di questi problemi, consiglia di levarsi dalla testa l’immagine forse un po’ romantica dei genitori che affidano al mare i propri figli nella speranza di un futuro migliore. Spesso i bambini partono essendo già in contatto con quella che sarà poi la loro rete di sfruttamento, come denuncia Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro: “Ai minori che arrivano nel nostro Paese, chi paga il viaggio? È una domanda semplice. Non sono loro che se lo possono pagare, quindi chi lo paga e per quale motivo? Sono spesso bambini che sono oggetto di acquisizione da parte della criminalità. Ma secondo lei una famiglia metterebbe una bambina, magari di 12/13 anni, in una situazione dove può subire violenza? C è un mercato enorme attorno a queste persone, pensiamo alla prostituzione, un mercato dove l’età si sta abbassando sempre più, con ragazzine di 13 anni. Bisogna dare delle risposte e non morali, delle risposte di aiuto, educative, sanitarie e sociali”.

Lo scenario non viene negato nemmeno dal Commissario Straordinario per le Persone Scomparse, che alla domanda sulla possibilità dell’esistenza di comunità parallele che facciano da sostegno alla sfruttamento in realtà di questi minori risponde: “Questo non lo escludo, infatti le ultime indagini hanno evidenziato come ad esempio proprio qui intorno alla Stazione Termini c’erano queste comunità che gestivano e pilotavano addirittura il traffico di questi sbarchi” e aggiunge: “Noi abbiamo sicuramente qualche traccia, qualche prova che questi minori quando arrivano hanno già qualche numero di telefono a cui rivolgersi per proseguire il viaggio e questo fa pensare che la loro presenza nelle comunità d’accoglienza sarà breve, infatti si allontanano nelle prime 24 ore. Più che sospetti noi vediamo per loro dei rischi per le risorse di cui sono stati privati durante il viaggio che li spingono a qualsiasi attività per potersene appropriare e questo li rende fragili. Non ho dati che mi facciano certificare che una percentuale di questi minori finisca nella rete della criminalità organizzata ma l’importante è capire che in quanto minori sono esposti.

FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA PER LA RICERCA: LE FORZE IN CAMPO SONO SUFFICIENTI?

Come funziona la macchina statale quando si tratta di minori scomparsi? Quali sono gli step che bisogna affrontare dall’effettiva scomparsa fino alla ricerca e poi allo sperato ritrovamento? Le forze in campo sono molte ma esistono delle procedure standard? “La denuncia di scomparsa deve essere effettuata alle forze dell’ordine appena se ne perdono le tracce – commenta l’avvocato Patrizia Trapella – qui il nominativo viene inserito nel Sistema Informatico Interforze, il cosiddetto Ced, in modo tale che la notizia possa essere diffusa e resa conoscibile a tutte le forze di polizia. Con questa procedura le ricerche vengono estese nei confronti di tutti i paesi che rientrano nell’area Schenghen”. Per i Paesi fuori da quest’area viene investita l’Interpol, che ha un ruolo di trait d’union tra tutte le forze di polizia dei paesi che vi aderiscono.

Al Ministero degli Affari Esteri è presente un Ufficio che monitora e studia il fenomeno delle persone scomparse, coordinata dal Commissario Straordinario, Vittorio Piscitelli: “Dal 2014 in poi sono entrate a pieno regime i piani provinciali di ricerca delle persone scomparse da parte di tutte le prefetture del territorio nazionale e questo ha fatto registrare un salto di qualità. Nel 2014 per la prima volta a fronte di una aumento considerevole di denunce per le persone scomparse, l’aumento di persone ancora da ricercare era solo di 29 unità, facendo aumentare l’ottimismo nonostante poi l’anno successivo, con l’aumento degli sbarchi sulle nostre coste, è stato piano piano riassorbito. La differenza è tra i minori stranieri e quelli italiani, questi ultimi per il 91-92% li portiamo a casa nel giro di poche ore, perché non hanno intenzione di abbandonare il territorio mentre gli stranieri hanno un progetto diverso per cui fanno perdere le loro tracce dando false generalità per non essere poi rintracciati o rispediti nuovamente in Italia secondo l’accordo di Dublino“. L’operatività rimane in mano alle singole prefetture sul territorio che, attraverso la legge 203 del 2012, possono disporre di tutte le forze che ritengono opportune nella ricerca delle persone scomparse: dalla Forestale al volontariato civile fino alle forze specifiche come la Polizia Fluviale o la Capitaneria di Porto: “Questo abito su misura sul territorio d’intervento ha permesso un salto di qualità nelle operazioni” afferma il Commissario Piscitelli.

Oltre alle forze spiegate, anche la tecnologia può avere un ruolo importante nella ricerca del minore, un po’ perché è uno dei primi mezzi con cui può comunicare, e anche perché ha reso più rapida e immediata la diffusione dell’identikit. Non dimentichiamoci infatti del ruolo chiave che stanno avendo i social: pubblicare su questi canali la foto è diventato di fondamentale importanza, tanto che in appoggio ai servizi già attivi, come il numero del Telefono Azzurro, con il famoso 116000 (linea telefonica attiva h24 per le segnalazioni, ndr), spesso può fare la differenza anche solo possedere un cellulare: “C’è da fare un grande lavoro di sensibilizzazione e le tecnologie ci aiuteranno molto – commenta Ernesto Caffo di Telefono Azzurro – magari nel caso dei minori stranieri non accompagnati non hanno nemmeno la valigia ma hanno un cellulare dove hanno la loro memoria d fotografie, d’immagini. I trafficanti cercano di levar loro quelli che fanno fotografie perché può essere per loro uno strumento di tutela: perché se vengono picchiati hanno il cellulare per documentare ed è lo stesso che può permettere loro di chiamare noi, un numero che risponde in 24 lingue diverse. Il silenzio è fonte di grande sofferenza, il bambino, se conosce un numero attivo 24 ore su 24 che può ascoltarlo, lo utilizza”.

IL RUOLO DELLA POLITICA E LA NECESSITA’ DI UN PIANO EUROPEO

La politica ha fatto abbastanza o sta facendo abbastanza per fronteggiare il fenomeno? “In Italia sì – commenta Vittorio Piscitelli – sarebbe auspicabile che tutti i partner europei avessero un atteggiamento condiviso su questo fenomeno, sicuramente non è con i muri o con le frontiere che si affronta questo tsunami. Storicamente è un fenomeno che è già esistito, noi italiani siamo stati migranti e all’inizio venivamo visti con sospetto ma poi, ad esempio negli Stati Uniti, abbiamo contribuito allo sviluppo del Paese. Oggi può essere lo stesso soprattutto in seguito al calo delle nascite”.

Tutti i soggetti coinvolti in queste operazioni di scomparsa dei minori stranieri non accompagnati hanno evidenziato la necessità di trovare un piano comune a livello europeo. Il problema non può e non deve essere solo italiano: “Credo che debbano essere adottate delle politiche comuni, stabilire delle quote e accogliere questi migranti per evitare che vengano visti come qualcosa di non gradito e non previsto, che alimenti le paure, abbiamo visto le spinte xenofobe in Austria e prima in Germania, anche se ora il problema è ridimensionato” specifica il Commissario Straordinario Piscitelli. Il fenomeno migratorio e il successivo problema di gestione di questi flussi rende i minori stranieri non accompagnati un vero problema nel problema: “È un tema che va gestito a livello internazionale, con persone che parlino inglese, in grado di capire e comprendere questi nuovi fenomeni, con capacità e conoscenze informatiche – precisa il Presidente del Telefono Azzurro Ernesto Caffo – Il problema della migrazione è che è cambiato il mondo, l’Africa sta venendo da noi e noi stiamo andando in Africa con le industrie: dobbiamo cambiare visione, dobbiamo fare educazione in questo senso”.

LA SOTTRAZIONE DI MINORI E I CASI NAZIONALI

Non esistono solo quelli stranieri non accompagnati, il fenomeno dei minori scomparsi riguarda anche la sottrazione nazionale e internazionale. Uno degli ultimi casi che riguarda questo fenomeno, balzato agli onori della cronaca, riguardava le due gemelline, Alessia e Livia, scomparse il 30 gennaio 2011, portate via dalla madre dal padre Matthias Schepp, che poi si è tolto la vita. Secondo il rapporto del Commissario Straordinario, quelli ancora da ricercare sono 361. Dai dati del 116.000, numero per i minori scomparsi, gestito in Italia dal Telefono Azzurro, viene evidenziato come il maggior numero di casi che si rivolge al servizio, il 40,7% delle volte sia riferito alla sottrazione parentale, internazionale 217 (ovvero il 31,2%) e nazionali 66 (9,5%): “Il servizio nasce parecchi anni fa per affrontare il problema della scomparsa dei bambini – commenta il Presidente del Telefono Azzurro, Ernesto Caffo – Inizialmente il problema era legato al fatto che un genitore di un paese europeo sottraeva il figlio di un altro genitore europeo. Oggi sono molto più frequenti i matrimoni tra persone di diversi paesi e i problemi maggiori li abbiamo con i paesi del mediterraneo perché i bambini che sono portati via da un genitore italiano in alcuni paesi con cultura musulmana non tornano più. Gli Stati Uniti sono un’altra grande realtà complessa in cui molte sottrazioni non si traducono in una mediazione di cure genitoriali e d’altra parte spetta all’Aia far si che in tutti i paesi ci sia una sensibilità a una mediazione per pensare prima di tutto al bambino”.

Sempre secondo l’ultimo rapporto del 116.00 il Paese con cui si è instaurata una maggiore collaborazione, nel periodo di riferimento dei dati (2009-2015), è la Romania (23,7 %), seguito dalla Polonia, poi Francia e Slovacchia: “La Romania è stato per tanti anni il paese di maggiore interesse perché l’allontanamento dei ragazzi è sempre stato significativo, per la fragilità del sistema del controllo di governo e anche per la presenza della comunità romena nel nostro paese, che ha permesso spesso situazioni illegali – prosegue il presidente – Oggi la grande sfida è però quella con i paesi mediterranei, Siria, Libia, Tunisia, Egitto e Marocco. Quello che è difficile rispetto al passato è la comunicazione. Qui in Europa eravamo molto facilitati come rete, con regole comuni e commissari con una politica d’intervento comune ed è questo un terreno su cui dobbiamo lavorare insieme. Stiamo ad esempio sviluppando un lavoro molto importante con i colleghi greci, soprattutto per quanto riguarda i ragazzi stranieri non accompagnati, insieme alla rete Missing Children di cui facciamo parte”.

Come collaborate con le forze dell’ordine per i casi che superano i confini? Quali sono le più grandi difficoltà che incontrate? “La forza di questo progetto è il suo essere europeo, il che ci permette d’intervenire e comunicare tempestivamente con tutti i paesi dell’Ue, visto che i nostri operatori conoscono perfettamente l’inglese. Lavoriamo con Europol e Interpol perché, una volta avvenuta la segnalazione, l’intervento viene fatto con le forze dell’ordine e con le altre agenzie che si occupano di questi problemi, come i tribunali per i minorenni. Dobbiamo essere presenti in modo tempestivo in caso di scomparsa o sottrazione: ogni ritardo può avere conseguenze drammatiche. La tempestività è tutto anche in positivo, come il caso di un papà partito verso una località spagnola con la figlia. Lo abbiamo seguito e rintracciato prima che magari potesse fare un gesto disperato con la bambina anche. Spesso la disperazione degli adulti per la separazione può portare a dei drammi. Abbiamo dei protocolli di collaborazione con le prefetture di tutta Italia e con il commissario per le persone scomparse che coordina tutte queste operazioni a livello nazionale per riuscire a operare immediatamente nella ricerca della persona scomparsa” conclude Ernesto Caffo.

Non ci sono solo quelli stranieri, nonostante il numero sia nettamente superiore, sempre nel rapporto sulle persone scomparse, i minori italiani ancora da ricercare sono 1.912. Tra questi figurano anche casi che sono diventati tristemente famosi: da Denise Pipitone a Angela Celentano, fino a Emanuela Orlandi, solo per citarne alcuni. Esistono delle motivazioni ricorrenti nelle scomparse dei minori italiani? “Nei casi italiani quello più diffuso è la famosa ‘fuitina’, che si risolve spesso nel giro di qualche giorno anche grazie alle segnalazioni che vengono fatte dai genitori a trasmissioni come Chi l’ha visto – commenta Piscitelli – Questi interventi spingono il minore a farsi sentire perché capisce l’entità di quello che hanno fatto”. Sui casi irrisolti viene invece da porsi una domanda: quando un minore smette di essere cercato? “Io credo che un caso non debba mai cessare di essere seguito – dichiara l’avvocato Trapella – Sappiamo che gli amici e le famiglie, basti pensare ai casi che sono famosi per la cronaca, non smettono mai di cercare, qualsiasi indizio viene raccolto e può fare la differenza. Anche a livello istituzionale comunque è così. Nel caso in cui ci possa essere un ipotesi di reato, che rimane quella con la percentuale minore di casi, ci può essere, da parte dell’autorità giudiziaria la cosiddetta archiviazione, ma l’attenzione sulla persona scomparsa non termina mai anche perché se entrano nuovi dettagli i casi possono tranquillamente riaprirsi”.

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