Empowerment femminile: come promuoverlo in ambito aziendale?

Empowerment femminile: come promuoverlo in ambito aziendale?

Negli ultimi anni è sempre più comune sentir parlare di empowerment femminile (anche female o women empowerment) tant’è che secondo i dati riportati da un’inchiesta di Volocom, azienda operante nel settore del Knowledge Management, nel 2023 l’Italia si è piazzata al primo posto tra i Paesi dell’Unione Europea per articoli relativi alla tematica dell’empowerment femminile.

Con quest’ultima locuzione si indica un processo grazie al quale le donne ottengono maggiori poteri (empowerment significa potenziamento) e controllo sulla propria vita in qualsiasi ambito: politico, sociale, economico e lavorativo.

Facendo specificamente riferimento all’ambito lavorativo, l’empowerment femminile si pone come obiettivo principale quello di rimuovere tutte quelle barriere che sono di ostacolo alla totale integrazione delle donne all’interno del contesto aziendale, integrazione che, nonostante gli indubbi progressi degli ultimi anni, sembra ancora molto lontana.

È infatti noto che nei contesti lavorativi di tutto il mondo il gender gap, ovvero il divario esistente fra uomini e donne in ambito aziendale, sia diffusissimo. In un recente report promosso dal World Economic Forum, che ha analizzato i dati di 146 Paesi, si sottolinea che per il raggiungimento della parità di genere a livello globale occorreranno ancora 132 anni.

Tale divario si concretizza con la scarsa presenza di donne in posizioni apicali, retribuzioni mediamente inferiori e discriminazioni sul posto di lavoro.

Empowerment femminile: come promuoverlo in azienda?

È indubbio che le aziende abbiano un ruolo fondamentale nel supportare il processo di empowerment femminile e nel superamento del gender gap. Si devono e si possono infatti ridurre tutte le disparità presenti nei contesti aziendali e ciò può essere realizzato garantendo la parità di retribuzione a parità di ruolo, la possibilità di ricoprire posizioni di leadership, la flessibilità negli orari di lavoro, la fruizione di programmi di sviluppo professionale dedicati alle donne e la creazione di ambienti di lavoro inclusivi e sicuri sotto ogni punto di vista. Riguardo a quest’ultimo punto si ricorda infatti che sono ancora troppi i casi di discriminazioni e molestie sul luogo di lavoro.

Per quanto concerne poi i criteri relativi alle assunzioni e alle promozioni, essi devono essere meritocratici e non basati sul genere.

Un esempio concreto: P&G

P&G è una multinazionale americana che da tempo ha sviluppato iniziative concrete tese a ridurre il gender gap aziendale e i numeri sembrano dimostrarlo: circa il 40% della forza lavoro attuale, infatti, è di genere femminile e sono numerose le donne in posizioni apicali (circa il 46% di esse hanno ruoli di management).

Notevole è l’attenzione ai criteri meritocratici per quanto riguarda le assunzioni e le promozioni; lo stesso può dirsi per quanto riguarda le retribuzioni.

Per quanto concerne la flessibilità nell’orario di lavoro e la concessione dei congedi parentali retribuiti (periodi di astensione facoltativa dal lavoro per prendersi cura dei figli piccoli), esse sono offerti a padri e madri.

Non vanno poi dimenticate interessanti e importanti iniziative quali l’organizzazione di eventi e incontri formativi relativi a tematiche quali le discriminazioni di ogni tipo (religiose, orientamento sessuale, Paesi di provenienza ecc.), la parità di genere, l’ageismo (discriminazione relativa all’età).

Non mancano infine, e ciò è particolarmente importante, la creazione e l’organizzazione di iniziative e progetti formativi e di supporto a favore dell’empowerment femminile e della parità di genere anche nelle comunità locali.

Parole di Claudia Colono