Tampone vaginale: come si esegue e a cosa serve

Tampone vaginale

Il tampone vaginale è una semplicissima operazione che si effettua durante la visita ginecologica e che serve per appurare se la paziente abbia contratto una infezione – fungina o batterica, ad esempio – agli organi genitali. Si tratta di una procedura rapida e assolutamente indolore, che si rende necessaria qualora la donna abbia dei sintomi che possono far sospettare una vaginite. Perdite più abbondanti del solito, magari maleodoranti, dolore durante i rapporti sessuali, prurito e senso di pesantezza al basso ventre sono tipici di un problema a livello vaginale, ma non sempre le patologie infettive agli organi riproduttivi danno dei segnali riconoscibili.

Come si effettua

Il tampone vaginale si effettua dal ginecologo, sdraiate sull’apposito lettino con le gambe divaricate. Il medico inserirà in vagina, aiutato da una sorgente luminosa, un cotton fioc alla profondità di circa 5 cm (tale per cui il tampone vaginale si può effettuare anche su una donna vergine), facendolo ruotare delicatamente in modo da raccogliere le secrezioni da analizzare. Qualora il medico voglia anche effettuare un tampone cervicale (necessario per individuare una infezione da Clamidia o Micoplasma), userà lo speculum, uno strumento usato anche in caso di Pap-test, che serve a dilatare le pareti della vagina per prelevare le secrezioni prodotte a livello di cervice. Successivamente il materiale viene subito analizzato al microscopio con dei reagenti. Per effettuare il tampone vaginale la donna dovrà seguire qualche semplice regola per non compromettere o rendere inutile il test. Intanto, segnare l’esame in una data lontana almeno di qualche giorno dalle mestruazioni, astenersi dai rapporti sessuali nelle 24 ore precedenti, astenersi da bagni e igiene intima il giorno della visita e sospendere tutte le eventuali cure locali (con ovuli, creme eccetera). Vediamo cosa può scoprire il tampone vaginale.

A cosa serve

Tecnicamente il tampone vaginale è un metodo di indagine che ci consente di stabilire se a carico degli organi riproduttori femminili si annidi un’infezione batterica e se la risposta è positiva, che tipo di famiglia è implicata nella malattia. Tale procedura evita di “sparare” nel mucchio utilizzando antibiotici diversi senza conoscere se nella sede dell’infezione vi sia o meno presenza di quell’agente sensibile all’antibiotico stesso. Per sapere con certezza di quali germi si parla, l’operatore preleva una ridotta quantità di secrezione vaginale e la immerge in uno speciale terreno di coltura ove sono depositati anche nutrienti previsti per il microbo riscontrato. A quel punto l’agente patogeno in laboratorio si moltiplica, dando la possibilità di capire di che natura sia. Ma non è finita qui, il passo successivo è rappresentato dall’antibiogramma, una metodica questa utilizzata, sia pure in altra maniera, per constatare la carica batterica delle urine di un soggetto che sia andato incontro ad infezioni urinarie, ed anche nel tampone vaginale si agisce allo stesso modo. Attaccando i germi con antibiotici diversi e mostrando la carica infettiva residua dopo aver fatto interagire i batteri o i funghi con i farmaci, si potrà stabilire quale molecola farmacologica sia più adatta a curare l’infezione. Nel caso di una contaminazione batterica, ad esempio se il tampone vaginale segnali la presenza di Escherichia coli o Trichonomas, oppure della temibile Clamidia che può anche portare ad una ostruzione delle tube e conseguente infertilità, il farmaco giusto sarà un antibiotico, mentre se parliamo di funghi, come la Candida, allora si somministrerà una cura antimicotica. Naturalmente il tampone vaginale, qualora negativo, indicherà una assenza di infezioni a livello genitale.

Tampone vaginale in gravidanza

Durante la gravidanza il ginecologo effettuerà un tampone vaginale e rettale sulla gestante. Per quale motivo? E’ molto semplice: scoprendo una eventuale infezione da germi precocemente, si potranno evitare problemi successivi sia alla mamma che al bambino. Il tampone si effettua una prima volta a inizio gravidanza, e in caso di positività la futura mamma dovrà sottoporsi alla cura del caso a base di antibiotici o antimicotici. Un secondo esame si effettua tra la 35ma e la 37ma settimana di gestazione. In questo caso il tampone vaginale si rende necessario per scoprire la presenza dello streptococco beta-emolitico, un microrganismo che non dà sintomi, ma che potrebbe infettare il neonato durante il parto. Il tampone vaginale e il tampone rettale, uniti ad una orino-coltura, permettono, perciò, di scongiurare questa eventualità consentendo di seguire una specifica profilassi durante il parto qualora tutti i test siano positivi.

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