Mononucleosi: i sintomi, l’incubazione e il contagio

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La mononucleosi, meglio conosciuta come malattia del bacio, è di origine infettiva ed è provocata da un virus. E’ molto contagiosa e per fortuna scarsamente pericolosa. Si stima infatti che almeno il 90% della popolazione adulta abbia sviluppato questa malattia, in molti casi anche senza rendersene conto. Si trasmette, essenzialmente attraverso la saliva ed è per questo motivo che viene identificata come malattia del bacio.

A che età colpisce la mononucleosi?

Data la frequenza della piacevole abitudine al bacio a partire dall’età adolescenziale, tali anni risultano essere quelli a maggior frequenza di contagio. Una recente ricerca scientifica svolta negli Stati Uniti ha evidenziato come il virus della mononucleosi sia il più diffuso nei college americani! Questa alta incidenza si manifesta anche nell’età adulta, ma sempre da giovani. Poi arriva mano a mano l’immunizzazione, ovvero il virus ha già colpito e non arrivano più i sintomi della malattia. E’ per questo motivo che negli anziani la mononucleosi è rarissima. Non si può dire lo stesso nei bambini, più soggetti ad infezioni trasmissibili attraverso la saliva, ma i numeri della malattia del bacio nell’infanzia rimangono sempre inferiori rispetto a quelli degli adolescenti, quindi spesso si tende a non considerare per loro questa malattia con i sintomi che possono essere indicativi di altri disturbi tipici dei bambini.

Contagio ed incubazione della mononucleosi

L’agente infettivo che causa la mononucleosi è il virus Epstein-Barr (EBV). Si trasmette attraverso la saliva , il muco nasale, o il catarro, ed addirittura anche dalle lacrime. E’ buona norma non condividere con chi è stato diagnosticato: bicchieri, posate, fazzoletti, spazzolini da denti o in caso di bambini piccoli i giocattoli che possono essere portati alla bocca. In realtà sarebbe molto opportuno soprattutto non baciare nessuno. Da sapere inoltre (anche se impossibile da gestire) che l’EBV appartiene alla famiglia degli herpes virus come la varicella e dunque, seppure i sintomi della mononucleosi scompaiono, si guarisce, l’agente infettivo rimane in circolo nell’organismo per tutta la vita senza destare problemi di alcuna natura: ogni tanto però si risveglia e diventa contagioso. L’incubazione va dai 30 ai 50 giorni.

I sintomi della mononucleosi

Ma quali sono questi sintomi? La febbre, anche alta (ma non sempre presente), debolezza, mal di testa, mal di gola, spossatezza generalizzata, ma soprattutto l’ingrossamento dei linfonodi del collo. Insomma la sintomatologia di un qualunque altro agente virale o batterico che colpisce la gola! La mononucleosi però può indurre anche la milza ad ingrossarsi (ma è un problema di cui può rendersi conto il medico curante con una visita), se però questa fa male (a sinistra sull’addome) può essersi verificata una lesione della milza stessa: è un’evenienza rara che va trattata come emergenza clinica. Occorre recarsi prontamente al pronto soccorso. Per sapere tutte le cause che portano ad avere i linfonodi ingrossati cliccare qui.

Diagnosi, terapie ed uso degli antibiotici in caso di mononucleosi

La diagnosi della mononucleosi non è facile: proprio per le caratteristiche dei suoi sintomi, simili a quelle di altre comuni malattie virali, spesso viene con queste confusa. La sintomatologia può essere talmente lieve che nella maggior parte dei casi non ci si rivolge neppure al medico. Quando invece i disturbi perdurano nel tempo (possono durare anche un paio di mesi) o sono comunque pesanti da gestire, la visita medica diventa un’esigenza ovvia. A quel punto il vostro medico curante dovrebbe valutare attentamente i vostri sintomi e verificare lo stato di salute con una visita approfondita, che controlli le ghiandole del collo, la gola, le spalle, le orecchie oltre che l’addome. Non necessariamente per confermare la mononucleosi, ma per una visione d’insieme, atta ad escludere altre patologie. Possono essere poi decisivi, per lo stesso motivo delle analisi del sangue. In questo caso si potrà fare il cosiddetto mono-test e/o la ricerca degli anticorpi al virus Epstein Barr. In casi particolari si può effettuare anche un’ecografia alla milza.

La cura per la mononucleosi

Di solito non è necessario trattare la mononucleosi con farmaci o rimedi particolari, occorre dare al sistema immunitario il tempo adeguato per fare il suo dovere. E’ buona norma cercare di riposare più a lungo possibile, evitare sforzi e sport che possano mettere sotto pressione la milza ed eventualmente usare medicinali sintomatici, come la giusta quantità di paracetamolo o l’ibuprofene, per tenere sotto controllo la temperatura corporea, il mal di gola e la cefalea. Va evitata l’aspirina nei minori di 20 anni perché il suo uso è stato associato alla sindrome di Reye. In casi gravi possono essere consigliati dal medico anche dei corticosteroidi, utili anche per ridurre la durata complessiva della malattia infettiva oltre che la gravità dei sintomi.

Mononucleosi ed antibiotici

Un particolare ed importante aspetto per ciò che riguarda la diagnosi e la terapia successiva in caso di mononucleosi è quello che riguarda l’uso degli antibiotici. In caso di un virus, come sapete, non servono a nulla (tali farmaci si usano solo in presenza di batteri), ma per ciò che riguarda la malattia del bacio vanno evitati assolutamente tutti quegli antibiotici che contengono come principio attivo l’amoxicillina, l’ampicillina e la penicillina. Il virus della mononucleosi a contatto di questi farmaci può provocare una reazione, un rash cutaneo, anche molto rilevante, su tutto il corpo. Se dunque avete i sintomi sopra descritti ed avete assunto antibiotici prescritti erroneamente dal medico e vi si sviluppa un’eruzione cutanea è molto probabile che siate stati contagiati dal virus della mononucleosi.

Le complicanze della mononucleosi

Una complicanza della malattia del bacio o mononucleosi, seppur non grave può essere quella del rash cutaneo in caso di assunzione di particolari antibiotici. In generale però oltre all’errore medico in fase diagnostica, che induce questa terapia errata e controindicata, possono frequentemente svilupparsi delle complicanze localizzate, dovute ad una sovra-infezione batterica della faringe e/o delle tonsille. Se in questi casi vanno utilizzati degli antibiotici, sarà opportuno evitare quelli che provocano esantema e prurito ed utilizzare in alternativa alcuni macrodidi come l’eritromicina e l’azitromicina. Altre patologie del sangue preesistenti possono aggravare il quadro clinico, come pure alcune patologie del sistema immunitario. Nei pazienti immunodepressi (ma solo nell’1% dei casi totali) ad esempio il virus Epstein-Barr può complicarsi con una encefalite che può essere grave, oppure con un’epatite fulminante. In generale occorre stare tranquilli e non allarmarsi, la mononucleosi infettiva è una malattia con prognosi estremamente benigna. E per le donne, va specificato che non vi sono problemi di rilievo conosciuti nel contrarre la malattia in gravidanza: né per le future mamme, né per il feto.

Mononucleosi e rottura della milza

Rarissime dunque sono le complicanze gravi che insorgono solo nel 5% dei casi e sono essenzialmente legati alla rottura della milza. Nel 50% di questa percentuale tale problema si manifesta a causa dell’ingrossamento (rigonfiamento) dell’organo stesso (splenomegalia): questa condizione può provocare emorragie interne e shock ipovolemico fino addirittura alla morte del paziente (la mortalità per la mononucleosi infettiva è dell’1%). E’ buona norma durante il periodo sintomatico tenere sotto controllo l’organo, ma soprattutto evitare (almeno per i due – tre mesi successivi) attività o sport di contatto che possano essere a rischio: sì al nuoto (ma sempre con moderazione), no al judo, sì al lavoro in ufficio, no al trasloco di mobili!

La mononucleosi e la sindrome da stanchezza cronica

Sono stati inoltre documentati in alcuni pazienti dei casi in cui si è sviluppata un’infezione cronica: ovvero il virus continua a replicarsi senza mai smettere. E’ il caso (benché si discute molto ancora in ambito scientifico sulla questione) della sindrome da stanchezza cronica. L’EBV come pure altri agenti infettivi (CMV, toxoplasma, virus dell’epatite, HIV), sono tra le cause riconosciute da gran parte degli studiosi della patologia in questione che provoca una spossatezza generalizzata e costante nel tempo.

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