Femminicidi: in Italia è emergenza nazionale

In 7 giorni sono state 6 le donne morte per femminicidio nel nostro Paese. Si tratta di una tragedia che mostra quanta sia ancora tanta la strada da fare per sconfiggere una violenza di genere non più tollerabile.

A fare il punto sui femminicidi in Italia è il Procuratore generale della Corte suprema di Cassazione, Giovanni Salvi, all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Le violenze in danno di donne e di minori diminuiscono in numero, ma restano una emergenza nazionale”, e ammonisce proseguendo: “drammatico il fatto che permangono pressoché stabili, pur se anch’essi in diminuzione, gli omicidi in danno di donne, consumati nel contesto di relazioni affettive o domestiche, i cosiddetti ‘femminicidi’. Le donne uccise sono state 131 nel 2017, 135 nel 2018 e 103 nel 2019. Aumenta di conseguenza il dato percentuale, rispetto agli omicidi in danno di uomini, in maniera davvero impressionante”.

I femminicidi sono stati 12 nel primo mese del 2020, solo in una settimana sei donne sono state uccise brutalmente da uomini che dicevano di amarle. Le vogliamo ricordare, sono Francesca Fantoni, uccisa a Bedizzole, in provincia di Brescia, Rosalia Garofalo a Mazara del Vallo (Trapani), Fatima Zeeshan a Versciaco (Bolzano), Rosalia Mifsud e sua figlia Monica Diliberto a Mussomeli (Caltanissetta). E poi ancora Speranza Ponti ad Alghero (Sassari).

Femminicidi: numeri di una strage silenziosa

Sono i numeri di una strage che silenziosa prosegue in Italia senza sosta. Da nord a sud, in una sola settimana le pagine di cronaca si sono riempite di casi di donne uccise dai mariti, dai compagni o dagli ex fidanzati. Madri, figli, sorelle che hanno perso la vita per mano di persone che dicevano di amarle. I femminicidi non diminuiscono, le donne continuano a essere vittime di violenze, di sopraffazioni, di vecchi retaggi culturali, che incredibilmente sono ancora troppo spesso associati alla parola ‘amore’. Ma a tutte le donne dovrebbe essere chiaro che l’Amore non umilia, non offende, non mortifica, non uccide.

L’ultimo Rapporto Eures che tratta il tema ‘Femminicidio e violenza di genere’, ha evidenziato come quello familiare sia l’ambiente dove viene commessa la maggior parte degli omicidi di donne. Oltre l’85% di questi delitti con vittime femminili vengono commessi per mano di partner, mariti e fidanzati. La casa, la coppia, si conferma come ‘luogo’ ad alto rischio. Nel 28% dei casi la violenza è preceduta da maltrattamenti come violenze fisiche, stalking e minacce. Per l’Eures, il femminicidio rappresenta “l’ultimo anello di una escalation di vessazione e violenze che la presenza di un’efficace rete di supporto potrebbe invece riuscire ad arginare”.

Il Codice Rosso contro i femminicidi

Cosa si fa in Italia per combattere il femminicidio? Dall’estate 2019 c’è il cosiddetto Codice rosso, una normativa che offre un percorso preferenziale e accelerato di tutela alle donne vittime di violenza. Ma occorre renderlo ancora più efficace. Come funziona il codice rosso contro i femminicidi?

Il codice rosso contro i femminicidi è certamente un passo avanti rispetto al passato, le donne devono essere sentite dal pm entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Sono stati introdotti reati come il revenge porn, cioè la diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite, il matrimonio forzato e la deformazione del volto. Ma non è abbastanza. A ben pensare, per cambiare davvero qualcosa l’approccio deve essere culturale. Intanto il Senato ha votato all’unanimità la proroga della Commissione parlamentare di inchiesta sui Femminicidi.

La violenza sulle donne è un problema culturale

Come ha ricordato il presidente del Consiglio Conte: “La violenza sulle donne è anche un problema culturale ed è per questo che lavoreremo nelle scuole, tra i ragazzi e le ragazze, perché è da lì che deve partire il cambiamento. Bisogna sostenere percorsi educativi che contribuiscano a diffondere la cultura del rispetto. Rispetto che passa anche dall’uso delle parole, dal linguaggio. Sensibilizzando le famiglie, con il contributo di insegnanti ed educatori questa battaglia si può vincere. Le nuove generazioni devono essere migliori di quelle che le hanno precedute”.