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Attualità

Come la pandemia sta cambiando il nostro modo di vestirci

Tutti questi mesi trascorsi all’insegna della pandemia, del lockdown e dello smart working stanno irrimediabilmente cambiando abitudini e stili di vita e quindi, di conseguenza, anche la moda e il nostro modo di vestirci più in generale.

Quindi, a causa dell’isolamento forzato, soprattutto nel corso della prima fase della situazione di emergenza sanitaria, per diversi mesi le persone si sono vestite a metà.

Si curava soprattutto la parte superiore del corpo, quella direttamente esposta alla vista della videocamera durante le call su Zoom dei lavoratori che si approcciavano allo smart working per la prima volta. 

In generale, le donne, più attente alla cura della propria immagine, si sono preoccupate soprattutto di abbigliamento e trucco. Più nello specifico, come racconta al New York Times Fabio Pietrella, presidente di Confartigianato Moda, molte donne italiane hanno preferito la maglieria e, chi poteva permetterselo, prediligeva in particolare quella in lana e cashmere.

In buona sostanza, le donne hanno evitato il classico abbigliamento sportivo optando invece per una maglieria di qualità, comoda e allo stesso tempo comunque elegante e curata.

Gli uomini, invece, decisamente meno attenti e più trascurati, hanno preferito uno stile più casalingo, all’insegna della camicia sopra il pigiama o sopra i pantaloni della tuta (completamente dimenticata e abbandonata la cravatta, ormai indossata soltanto dai politici).

La pandemia ha introdotto la tendenza working from home fashion

Pandemia ed emergenza sanitaria hanno fatto prevalere la tendenza Working from home fashion, cioè un tipo di abbigliamento più informale rispetto a quello tradizionale da ufficio, caratterizzato da linee più morbide, più confortevoli e gentili.

Insomma, la tendenza principale che caratterizza la moda nell’era Coronavirus è quella che si può definire elegante informale.

Ad esempio, sempre al New York Times, Milena Gammaitoni, docente di Roma Tre, ha spiegato che per le sue giornate di lavoro al computer, tra le riunioni dipartimentali su Zoom e le lezioni con i suoi studenti si veste ancora come faceva nei giorni pre-Covid, abbinando una giacca colorata su pantaloni però decisamente più casual.

E l’attrice e regista Francesca Zanni (che ha lavorato a un documentario sulle donne italiane durante lo stop dello scorso anno), ha raccontato che una donna, conosciuta proprio mentre girava il documentario, ha continuato a indossare i tacchi alti durante le riunioni e le call su Zoom anche se, ovviamente, nessuno poteva vederle i piedi.

Insomma, questa pandemia ha provocato quello che potremmo definire un rilassamento, una ricerca di una maggiore comodità nell’abbigliamento per lo smart working: più ricercato per le donne, più tendente allo stile un po’ meno formale per gli uomini.

Mariangela Masiello

Sono nata e cresciuta in Basilicata, ma a 18 anni ho fatto i bagagli e sono andata via dalla mia terra. Leo Spitzer diceva che “L’umanista crede nel potere che la mente umana ha di indagare se stessa”. Così, presa dall’impeto di affinare il mio pensiero critico, ho conseguito prima la laurea in Lettere e poi quella Filologia. Poiché non ne avevo ancora abbastanza ho deciso di trasferirmi a Milano e di diplomarmi alla Scuola di Giornalismo dell’università Cattolica del Sacro Cuore. Attualmente collaboro con Alanews nella produzione di contenuti per il network Deva Connection.

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Mariangela Masiello