Turchia, le donne di Istanbul in marcia: "Ci vestiamo come ci pare"

'Ci vestiamo come ci pare' è lo slogan con cui le donne turche si sono messe in marcia a Istanbul per protestare contro un regime conservatore che le impone l'abbigliamento da indossare. Una giornata che si è trasformata in un inno alla resistenza per la tutela dei diritti delle donne, sopraffatte dagli uomini in un'area tra le più critiche del mondo.

Turchia, le donne di Istanbul in marcia: “Ci vestiamo come ci pare”

In Turchia le donne di Istanbul in marcia per i diritti: “Ci vestiamo come ci pare” è lo slogan con cui hanno sfilato in segno di protesta, contro un regime conservatore che ne detta i (pochi) diritti e i (troppi) doveri. Sono le donne che si battono ogni giorno per la libertà di abbigliamento e di vita, che è sinonimo di un più profondo bisogno di tutela rispetto alla sopraffazione e alla violenza.

“Ci vestiamo come ci pare”: il grido delle donne turche a Istanbul

Sono scese in piazza nell’ordine delle centinaia, le donne turche che hanno invaso pacificamente Istanbul in un sabato qualunque, diventato un giorno chiave per la resistenza delle donne contro i soprusi e la violazione dei propri diritti. Sabato 29 luglio è stato quindi un giorno nel segno del colore rosa, in un Turchia lacerata da continui dissidi e infestata da un diffuso malcontento nei confronti del governo Erdogan.
Le donne turche lottano contro il maschilismo, contro una discriminazione di genere che le rende schiave di un sistema che vorrebbe assoggettarle alle scelte degli uomini : “Non obbediremo, non staremo in silenzio, né avremo paura. Vinceremo attraverso la resistenza”. Hanno intonato questi versi, sfidando l’Islam ortodosso con jeans corti e magliette scollate, capi di vestiario banditi per la loro cultura d’origine.

Istanbul: la culla della rinascita delle donne

Non è un caso che l’ondata al femminile si sia riversata lungo le vie di Istanbul: la città, per molti versi volano di cosmopolitismo e tolleranza, è preda del retaggio di una cultura della donna che deve essere sottomessa, all’uomo come alle ideologie di una intera società. Vittime di crescenti attacchi per il modo di vestire, le donne rivendicano il loro diritto alla vita anche attraverso un semplice abito. In questo angolo del mondo, più che altrove, sono costrette a subire indicibili violenze, nel nome di un dio che è maschio, e a cui la donna deve mestamente sottostare.

Le donne vittime di violenza e costrette alle regole degli uomini

Nel giugno scorso, Asena Melisa Saglam è stata aggredita su un autobus perché indossava degli shorts durante il mese sacro del Ramadan. In un video le immagini di quella brutale violenza: un uomo la colpisce ripetutamente, mentre il conducente del mezzo assiste impassibile.
Un altro caso emblematico è quello di Canan Kaymakci, accusata di vestirsi in modo provocante e vittima di un’aggressione per strada, condotta per una “punizione”.
Aysegul Terzi è stata definita “demonio” e presa a calci e pugni su un bus. La causa? Anche in questo caso un paio di pantaloncini. Il suo assalitore ha augurato “a lei e a quelle come lei di morire”. Anche per loro, in nome di una guerra combattuta nel cuore e avvolta spesso dal silenzio, le donne-coraggio di Istanbul si sono rivelate in tutta la loro forza, attraverso una manifestazione che è sintomo e simbolo di una rivincita che non è più possibile rinviare.

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Parole di Giovanna Tedde