'The lady', sulla vita di Aung San Suu Kyi, è un film da non perdere [VIDEO]

“The Lady” è il film che il regista Luc Besson ha dedicato ad Aung San Suu Kyi, leader del movimento democratico del Myanmar (ex Birmania) e Premio Nobel per la Pace nel 1991.

“The lady” è il film che il geniale regista francese Luc Besson ha dedicato ad Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace, attivista per liberazione del suo Paese, il Myanmar, (ex Birmania) dalla feroce dittatura che gettò un Paese pacifico e ricco di cultura in una condizione di profonda miseria. Ma non si tratta tanto, o solo di un film politico, sebbene, naturalmente, la politica sia centrale, ma anche di una storia privata estremamente dolorosa. Aung San Suu Kyi era una donna molto bella e assolutamente realizzata, una intellettuale che viveva in Inghilterra con suo marito Michael Aris e i suoi due figli, finché il richiamo dell’amata e martoriata patria lontana non giunse nella sua vita, costringendola ad un taglio radicale.

Ma entriamo meglio nel merito della biografia di Aung San Suu Kyi.

Aung San Suu Kyi, una vita per la libertà

Le vicende storiche narrate nel film sono assolutamente vere, così come vere sono la maggior parte delle scene ricreate in pellicola. Il tutto ha radici lontane, negli anni ’40 del Novecento, quanto il padre di Aung San Suu Kyi, il generale Aung San, è a capo delle truppe che liberano il Paese dall’imperialismo britannico. Potrebbe essere l’inizio di un nuovo corso, libero e democratico per questo Paese asiatico antichissimo, e invece tutto degenera in una sanguinosa e sanguinaria dittatura, di cui fa le spese proprio il papà del futuro Premio Nobel, che viene assassinato quando la figlia ha solo 2 anni. Cresciuta, la bambina si fa donna bellissima e si innamora di uno studente inglese (un ex nemico!), Michael Aris, e con lui fugge verso l’Inghilterra per cominciare una vita proficua e serena come saggista e madre di due figli, Alexander e Kim. Ma nel 1988, tornata in Birmania per una grave malattia della madre, Aung San Suu Kyi si trova in piena temperie anti dittatoriale, e il movimento democratico (siamo alla vigilia di nuove e forse finalmente libere elezioni), le domanda di candidarsi. E lei lo fa. Da quel momento in poi non le sarà più permesso di rientrare in Inghilterra dalla famiglia, e poiché risulterà vincitrice delle elezioni, ma il regime dittatoriale riprenderà il potere con la violenza, la premier in pectore sarà costretta agli arresti domiciliari per 20 anni. Simbolo della libertà dei popoli, della democrazia, della non violenza contro il furore cieco delle dittature, questa donna elegante e minuta ricevette il Premio Nobel per la Pace nel 1991. Nel 2010 è stata finalmente liberata.

‘The lady’, perché andare a vederlo è importante

Luc Besson tratteggia la figura carismatica di Aun San Suu Kyi in modo rispettoso della vicenda storica e biografica reale, ma ponendo l’accento sulle dolorose scelte che costrinsero una moglie innamorata, e una madre, a rompere i contatti con i propri cari in nome di un ideale più grande. La patria, la libertà di un popolo intero, contro le esigenze del privato, il calore e l’affetto materno. Una delle scene più intense del film è quella in cui Michael, al telefono, rivela alla moglie di essere malato di cancro, entrambi sanno che non potranno rivedersi mai più, e per questo le scarne parole della comunicazione non possono in alcun modo riprodurre i sentimenti che provano, eppure sono l’unico vincolo ormai possibile. Ci si chiede come una donna possa “abbandonare” una famiglia per il suo popolo. Chi si pone una domanda del genere non ha capito nulla della forza delle donne, e di ciò che significa sentire dentro di sé il senso, il peso della storia. Aung San Suu Kyi sa che rinuncia a molto, ma sa anche che se non lo farà, se non scenderà in campo per aiutare il suo popolo, allora davvero rimpiangerà amaramente la sua scelta. Per tutti questi motivi, “The lady” è un film da vedere, ma ce n’è uno in più: la straordinaria interpretazione di Michelle Yeoh, perfetta anche nelle fattezze. Date un’occhiata al trailer!

Parole di Paola Perria