Tessuti ecosostenibili: guida alla scelta dei materiali eco-friendly

Esistono tessuti amici dell'ambiente: possono essere naturali o creati dall'uomo, riciclati o prodotti dagli scarti alimentali. Eccoli tutti

Tessuti ecosostenibili: guida alla scelta dei materiali eco-friendly

Foto Pixabay | engin_akyurt

Se avete scelto uno stile di vita più consapevole dal punto di vista ambientale, siete nel posto giusto. L’impatto sull’ecosistema della produzione tessile è infatti una delle principali cause di inquinamento, ai livelli dell’industria petrolifera, per intenderci.

L’impatto più devastante dell’industria tessile avviene nei Paesi dell’Asia o dell’Africa, ma anche in Europa sono molti gli stabilimenti inquinanti. Il problema è di tutti. Per non contribuire a questo sistema, dovremmo fare scelte più eco-friendly, anche nell’abbigliamento.

Ecco una guida alla scelta di tessuti ecosostenibili e materiali eco-frindly.

I tessuti ecosostenibili: naturali e umani

Bisogna iniziare facendo una distinzione tra tessuti naturali, ossia derivati da fibre vegetali o di origine animale, e tessuti creati dall’uomo, prodotti artificialmente dall’industria chimica.

Tra i tessuti naturali più comuni, si possono trovare il cotone, il lino, la canapa tessile, la lana, la seta. Come materiali naturali, caucciù e gomma naturale.

I prodotti sintetici, invece, fanno parte dei tessuti prodotti dall’uomo da materiali fossili (il nylon e il poliestere) e quelli creati dalla cellulosa: rayon e acetato

Ovviamente, l’impatto ambientale del tessuto non è diretta conseguenza del materiale, ma del metodo di creazione della fibra. È quindi il processo di produzione a qualificare i tessuti in ecologici o meno.

Tessuti naturali

Oltre a  quelli già citati, tra i tessuti naturali ritroviamo anche juta, agave tessile, kapok, ramié, fibre prodotte dagli scarti del cocco, dell’ananas (o di altri frutti, meno comuni sul mercato) e della ginestra.

Come detto, però, non è la fibra di per sé ad essere ecosostenibile, ma il processo produttivo. Un maglione di lana che sfrutti allevamenti intensivi o cellulora proveniente dalla deforestazione, quindi, è sì un tessuto naturale, ma non ecosostenibili.

Tessuti creati dall’uomo

Allo stesso modo, se prodotti tramite fonti rinnovabili l’acetato, il triacetato e la viscosa, non sono naturali, ma possono essere eco-friendly, soprattutto se sfruttano cellulosa biologica o scarti di altre filiere produttive. 

Per essere sicuri che i tessuti, naturali o meno, che stiamo acquistando siano ecosostenibili, possiamo fare affidamento sulle certificazioni ottenute dalle aziende produttrici. Ad esempio, Gots per il cotone organico e NewMerino per la lana.

Materiali riciclati

Menzione a parte va ai materiali riciclati. Questi tessuti vengono reimmessi nel ciclo produttivo grazie alla raccolta di abiti usati o creati grazie a scarti ed eccedenze della stessa filiera o di altre produzioni.

In Italia, per esempio, a Prato esiste una filiera di lana rigenerata.

Il riciclo, inoltre, è un’ottima soluzione al problema dei materiali non biodegradabili. Attraverso la depolimerizzazione è possibili riciclare, attraverso una lavorazione chimica, i materiali di origine fossile, a prescindere da quante abbiano già subito questo trattamento. Global recycled standard è l’organo di controllo delle fibre riciclate, che ne certifica la sostenibilità. 

Fibre tessili innovative

L’innovazione sul tema dei materiali ecosostenibili, specie negli ultimi anni, ha prodotto centinaia di fibre tessili innovative. Alcune delle quali hanno ricevuto premi e riconoscimenti (ad esempio il Global change award dalla Fondazione H&M).

L’obiettivo di queste fibre tessili è quello di ridurre ulteriormente gli scarti industriali, creando prodotti dagli scarti agroalimentari, a basso impatto ambientale.

Meritano una menzione, oltre alla forse più celebre Orange Fiber (che crea tessuti dalle bucce d’arancia e ha collaborato con Salvatore Ferragamo), la similpelle vegetale di Muskin (“pellame” prodotto da funghi), Pinatex (derivata dall’ananas), Wineleather (“sottoprodotto” del vino) e Pellemela (dalle mele, ovviamente).

Parole di Elena Pavin