Rifugiati climatici, l'allarme del G7 Salute: "Saranno un miliardo entro il 2050"

Il climate change è il fulcro delle attuali emergenze climatiche e umanitarie in numerose aree del mondo. Segno di mutamenti di vaste proporzioni che generano catastrofi naturali altrettanto significative. Ecco che, all'orizzonte, uno scenario apocalittico si fa sempre più concreto e incombente: interventi subito o si rischia il distastro globale, questo il preciso messaggio lanciato al vertice milanese tra i ministri della Salute dei Paesi del G7.

Rifugiati climatici, l’allarme del G7 Salute: “Saranno un miliardo entro il 2050”

Il vertice G7 Salute a Milano lancia l’allarme: entro il 2050 un miliardo di rifugiati climatici. Grande preoccupazione che richiede un intervento di duplice matrice: umanitaria e ambientale. Così i ministri della Salute di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti si trovano davanti allo spettro di un’apocalisse climatica di proporzioni e ripercussioni incalcolabili.

Climate change: a rischio l’equilibrio dell’umanità

Il climate change, o cambiamento climatico, è lo spettro entro cui si muove la politica internazionale. Far fronte ai sempre più devastanti esiti delle catastrofi naturali diventa ogni giorno più difficile, in una sfida continua che è, in fin dei conti, una vera e propria corsa contro il tempo.
Gli effetti perversi del surriscaldamento globale sono di vasta scala, con una situazione pressochè liquida in cui è saltato il confine tra le aree climatiche del pianeta Terra. Clima torrido, quasi tropicale, intermezzi ciclonici e uragani, sono ormai pane quotidiano anche per Paesi come l’Italia, in cui nel gergo comune è entrato a pieno titolo il costrutto “bomba d’acqua”.
E, affiancato al fenomeno migratorio legato alle grandi guerre, c’è un substrato di spostamenti umani causati dai disastri ambientali, che tende inevitabilmente a farsi via via più consistente dal punto di vista dei numeri.
Ogni anno sono migliaia le persone che scappano dal proprio terroritorio per sfuggire ad eventi meteorologici imprevedibili, molti dei quali hanno spogliato intere popolazioni di case, viveri e dignità.

G7 Salute: in un documento le cifre record della crisi climatica

E se, da un lato, c’è un flusso migratorio dovuto alla crisi economica, è opportuno parlare di “crisi climatica” quando a muoversi sono coloro che cercano riparo dalla natura.
In un documento presentato al G7 Salute, a Milano dal 5 al 6 novembre 2017, il Governo italiano si è fatto portavoce di cifre spaventose, capaci di insinuarsi nell’agenda delle priorità come massima emergenza mondiale.
Stiamo parlando dei dati relativi al bilancio dei rifugiati climatici, che entro il 2050, secondo le proiezioni che prendono forma dagli studi condotti dai Paesi del G7 (Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti), saranno un miliardo.

Primo obiettivo: aiutare le popolazioni nel territorio di appartenenza

Le prime a salire sul banco degli imputati in merito ai repentini processi di climate change sono le emissioni “climalteranti”. Laddove è possibile, nell’immediato, occorre impiantare politiche di sviluppo sostenibile che consentano di ripristinare gli equilibri tra crescita e stabilità climatica.
Facile a dirsi, difficile a tradursi in realtà. Sono sempre le aree più povere del mondo ad avere la peggio in fatto di cataclismi. Le più recenti stime rivelano che tra il gennaio e il settembre 2017, in appena 9 mesi, circa 15 milioni di persone sono confluite nel flusso di rifugiati climatici.
Di questi, soltanto un milione non proviene da aree geografiche sottosviluppate. In 8 anni, tra il 2008 e il 2016, le persone in fuga da condizioni meteo estreme sono mediamente 21,8 milioni l’anno.
India, Bangladesh e Nepal le regioni maggiormente interessate dal fenomeno. Si tratta di una parte del mondo in cui, nell’agosto 2017, 43 milioni di persone sono state coinvolte da gravissime inondazioni, con un bilancio che si attesta sulle 1200 vittime.

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Environmental Justice Foundation: gli effetti delle migrazioni da clima avverso

La Ong ambientalista Environmental Justice Foundation fotografa in modo puntuale la situazione, fornendo un quadro d’insieme che è sintetizzato nel rapporto sul boom dei flussi migratori legati al clima avverso.
Secondo le previsioni, è verosimile attendersi un inasprimento delle tensioni internazionali derivate dal sensibile e inarginabile incremento dei rifugiati climatici. Questi attriti si tradurranno facilmente in conflitti politici, militari, sociali ma anche economici (in termini di contingentamento delle risorse).

Decarbonizzazione: una spinta per la riattivazione degli equilibri climatici

Tra le prime soluzioni, forse quella più incisiva e a lungo termine, la decarbonizzazione dell’economia globale. Cosa si intende esattamente con questo termine? Essa è la procedura attraverso cui si cambia il rapporto carbonio-idrogeno nelle fonti di energia, con sensibile effetto “lenitivo” delle emissioni climalteranti.
Il petrolio, per esempio, affiancandosi al carbone tra le principali fonti di energia, ha ridotto il rapporto carbonio-idrogeno (pari a 1:2); significa che per ogni atomo di carbonio ne esistono due di idrogeno.
La diffusione del gas naturale, poi, ha fornito un’ulteriore spinta verso la decarbonizzazione, con rapporto 1:4. Ne deriva che ogni nuova fonte di energia produce sempre meno gas serra della precedente, con conseguente minore emissione di CO2.

Parole di Giovanna Tedde