Quando inizia davvero una gravidanza? Non tutti i medici la pensano allo stesso modo

Un sondaggio USA ha messo in luce delle divergenze d’opinione tra i ginecologi circa l’inizio della gravidanza che per alcuni coincide con il concepimento per altri con l’impianto.

Quando inizia davvero una gravidanza? Non tutti i medici la pensano allo stesso modo

L’inizio di una gravidanza non è solo un momento importante da definire con la futura mamma, al fine di poter effettuare in conteggio delle settimane di gestazione e, conseguentemente, stabilire una data del parto verosimilmente attendibile. Queste considerazioni sono di tipo “tecnico” e valgono per ogni singolo caso, ma a livello più generale, quando si può stabilire con certezza che una gravidanza è cominciata? Il momento esatto in cui si può dire che una nuova vita è stata concepita? Come avrete intuito, sono piuttosto le implicazioni etiche che hanno a che vedere con una domanda così apparentemente banale. E proprio per questo motivo, non tutti i medici concordano.

A far emergere le discrepanze di orientamento fra i ginecologi americani è stato un sondaggio condotto dall’Università di Chicago e pubblicato sulla rivista American Journal of Obstetrics and Gynecology. Secondo la maggior parte degli intervistati, la gravidanza comincia ufficialmente nel momento in cui l’ovulo della mamma viene fecondato dallo spermatozoo del papà, proprio come ci insegnano a scuola.
 
Ma esiste anche una scuola di pensiero non insignificante, che invece stabilisce il momento di inizio una settimana più tardi, quando, cioè, l’ovulo fecondato si impianta nell’utero materno. Le percentuali emerse dall’indagine sono queste: 57 medici su 100 fanno coincidere l’inizio di una gestazione con il concepimento, mentre 28 su 100 con l’impianto dell’ovocita.
 
“I dati che abbiamo raccolto – commenta Furr Curlin, uno degli autori della ricerca – mostrano un’indecisione tra i medici che finisce per avere un impatto importante sul diritto, l’etica e la politica. Ad esempio le cellule staminali embrionali derivano spesso da un surplus di embrioni che non vengono impiantati nella donna dopo la fecondazione in vitro.
 
E alcuni contraccettivi, come i dispositivi intrauterini, agiscono proprio per impedire l’impianto. Quindi, se si considera il momento della fecondazione come principio della gravidanza, si comprenderà quanto sia problematico accettare ogni tecnologia o mezzo che impedisce l’impianto”. Una questione spinosa, mi domando cosa emergerebbe se un analogo sondaggio venisse condotto tra i ginecologi italiani…

Parole di Paola Perria