Perse il bambino che portava in grembo dopo un'aggressione: 'Il mio ex fidanzato l'ha ucciso'

Nel 2015 progettava tutto per accogliere al meglio il suo bambino. Mancava poco alla sua nascita, ma il dramma era alle porte. Incinta di 8 mesi, di ritorno a casa, fu vittima di una brutale aggressione. Uno dei due uomini era il suo compagno.

Perse il bambino che portava in grembo dopo un’aggressione: ‘Il mio ex fidanzato l’ha ucciso’

Malorie Bantala, nel 2015, perse il bambino dopo un’aggressione da parte di due uomini, incinta all’ottavo mese. Uno di loro sarebbe il suo ex fidanzato. Il fatto è accaduto mentre faceva ritorno a casa, e tutto era ormai pronto per accogliere il piccolo che portava in grembo. Spinta a terra e presa a calci sull’addome, con ferocia inaudita.

Malorie Bantala: “Il mio ex fidanzato ha ucciso il bambino che aspettavo”

“Ricordo di aver guardato e poi qualcosa è scattato nella mia mente: ‘Oddio, è Kevin’. Si è voltato e abbiamo avuto un breve contatto visivo”.
Con queste parole era iniziata la deposizione di Malorie Bantala nel processo a carico del suo ex compagno, Kevin Wilson, protagonista di una vicenda tra le più sconvolgenti del Regno Unito e che lo ha visto condannato all’ergastolo.
Avrebbe aggredito la donna, che aspettava suo figlio ed era all’ottavo mese di gravidanza, con la complicità di un 17enne. Wilson aveva 21 anni, era il 2015 e la vita di Malorie Bantala sarebbe cambiata per sempre.
Stando all’accusa, l’uomo non voleva che la sua fidanzata portasse a termine la gravidanza, e per questo avrebbe messo in atto la brutale aggressione a volto coperto.
Le conseguenze di quella violenza sono state devastanti. La donna ha perso il figlio, prima del parto: lo ha chiamato Joel, nato morto durante il cesareo d’urgenza cui è stata sottoposta dopo l’accaduto.

Malorie Bantala: il suo caso fa storia nel Regno Unito

La donna avrebbe tentato in ogni modo di proteggere il suo bambino, portandosi la mano sulla pancia per parare quei calci talmente violenti che le hanno addirittura rotto tutte le dita delle mani.
Una sequenza aberrante di colpi inferti, come poi emerso a processo, con il preciso scopo di farla abortire. La storia di Malorie Bantala costituisce un unicum nella giustizia britannica.
Questo perché una condanna esemplare come quella comminata al suo ex non è assolutamente scontata. Il reato di omicidio contestato all’uomo, infatti, può essere imputato soltanto in caso di chiare prove che evidenzino come la violenza abbia impedito al bambino di nascere vivo.
Sono sempre più frequenti i casi di donne brutalmente aggredite in stato interessante, con conseguenze drammatiche che spesso sfociano nell’aborto, e servirebbe una rimodulazione all’impianto normativo a tutela delle madri.
La vittima deve dimostrare, anzitutto, il dolo: significa che occorre portare in tribunale precisi elementi che supportino la tesi di un’aggressione maturata con lo scopo di uccidere il bambino.
Una cosa non sempre facile, come ha puntualizzato il legale della donna ai microfoni di Elle UK. Potrebbe anche valere la sola dimostrazione dell’intento di causare gravi lesioni fisiche al bambino, ma si tratta comunque di uno scenario che, pur in presenza dell’imputabilità per omicidio, lascia ampio margine di manovra alla difesa in sede processuale.

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Parole di Giovanna Tedde