Parto e malasanità, nel 2017 si muore ancora di parto: tutti i casi

Ancora nel 2017 si muore di parto: nonostante i dati siano "buoni" e parlano di un numero basso ( 50 donne ogni anno), solo nell'ultima settimana 2 morti a Bergamo e Vibo Valentia. Vediamo le cause più frequenti e gli ultimi casi di cronaca. La causa naturale più frequente è l'emorragia post partum.

Parto e malasanità, nel 2017 si muore ancora di parto: tutti i casi

Parto e malasanità: un weekend nero quello dell’Epifania segnato dal decesso di due donne, morte di parto a Bergamo e Vibo Valentia, che vanno ad aggiungersi al caso del bambino morto a Melegnano. Nel 2017 ancora si muore di parto, nonostante i passi avanti della medicina. Vediamo di cercare di capire perché una delle cose più naturali al mondo, grazie alla quale c’è la vita, spesso diventi un evento tragico. I fatti e le responsabilità sono ancora da accertare sui casi di presunta malasanità. Nonostante comunque gli allarmismi, si parla di un rapporto basso: si stima che in Italia muoiano circa 50 donne ogni anno, numero che andrebbe azzerato, ma considerato “buono”.
La Regione più virtuosa in questo senso è la Toscana dove si registrano 5 casi ogni 100 mila nascite; la peggiore è la Campania dove il numero sale a 13. Vediamo le cause della morte di parto e tutti i casi.

Cause più frequenti

Le cause sono di due tipi. Quelle dirette, legate a complicazioni ostetriche, e indirette, dovute a malattie preesistenti nella donna, come diabete o cardiopatie.
La principale causa di morte materna è l’emorragia post partum: è la più frequente e costa la vita al 52% delle donne. E’ una copiosa perdita di sangue che si verifica dopo la nascita del bambino. Questa si verifica quando l’apparato riproduttivo della donna, privo di tono muscolare, è incapace di contrarsi e non permette ai vasi sanguigni di chiudersi.
La seconda causa, con il 19%, sono i disordini ipertensivi di gravidanza come la preeclampsia (pressione arteriosa elevata che si manifesta con convulsioni).
Seguono le tromboembolie con il 10%. Il parto, anche se un evento naturale, presenta molti rischi per una donna.
Tra le cause indirette, ci sono quelle patologie come il diabete, il sovrappeso e altre che la donna ha a prescindere dalla gestazione. Ora che l’età materna si è decisamente alzata, questi fattori di rischio sono aumentati.

Gli ultimi casi: Vibo Valentia e Bergamo

Nel weekend dell’Epifania purtroppo si sono registrati due casi di morte. Il primo a Vibo Valentia, dove la 37enne Tiziana Lombardo è deceduta il 5 gennaio, 3 giorni dopo aver dato alla luce la piccola Giada. La ricostruzione dei fatti è ancora da accertare, anche se la causa del decesso sembra essere una copiosa emorragia. Sono stati emessi avvisi di garanzia per 10 medici, per i quali l’ipotesi di reato è omicidio colposo ed è stata disposta l’autopsia sul corpo della donna. Tiziana, oltre alla piccola Giada, lascia il marito ed un figlio di cinque anni.

Una doppia tragedia invece a Bergamo: la 29enne Ilaria Oldoni perde la vita nel pomeriggio dell’Epifania, anche lei per uno shock emorragico, dopo che la bimba che portava in grembo era morta. La donna era stata sottoposta a un parto indotto, dopo aver appreso che la sua Sveva, ormai all’ottavo mese, non era più in vita. Il compagno e i familiari sono distrutti: in poche ore hanno perso la piccola e la madre.
Sempre di questa settimana maledetta è invece il caso di Melegnano, dove una donna incinta con dolori all’addome viene rimandata a casa e dopo il bambino muore.
Simona, la mamma, per fortuna si è salvata, ma il piccolo Jonathan che sarebbe dovuto nascere il 13 gennaio non ce l’ha fatta, è morto nel grembo della madre, soffocato dal cordone ombelicale intorno al collo. Sul caso si indaga per presunta malasanità, è stata aperta un’inchiesta. L’ospedale ha però escluso la responsabilità dei medici. Sarà la procura a verificare le criticità cliniche.
Anche il 2016 appena concluso è stato un anno nero per le morti materne. Purtroppo succede da Nord a Sud. A ottobre fece scalpore la storia della donna di Catania morta insieme ai due gemellini. In quel caso venne in un primo momento attribuita la responsabilità al medico obiettore, scatenando in tutta Italia la polemica sulla presenza degli obiettori negli ospedali.

A febbraio, ad Alessandria, Simona Casciano, di 37 anni è morta nel reparto di rianimazione dopo aver dato alla luce la sua bambina. Per la donna sono stati tre giorni di agonia, dopo un parto andato liscio e senza problemi. L’ospedale parlò di un complicanza improvvisa, forse un’embolia polmonare.

A maggio invece a Milano Claudia Bordoni dopo essersi sottoposta alla Pma- Procreazione medicalmente assistita- e una gravidanza senza problemi, alla clinica Mangiagalli, “top” per quanto riguarda le strutture sanitarie in campo ostetrico, ha avuto una complicazione. E’ deceduta insieme ai due gemellini, dopo esser rimasta agonizzante per ore.

Malasanità o casi fortuiti?

Vicende tragiche dunque sulle quali tutti si chiedono se era possibile evitarle. Su molte di queste morti stanno ancora indagando, per capire se si tratti di “caso” o malasanità. Dove sia l’errore umano, magari la mancanza di tempestività o la poca attenzione nei confronti della gravidanza da parte dei medici e dove invece siano i fattori rischio che comporta la gestazione. In questi casi indaga in genere anche la task force istituita dal Ministero della Salute, per verificare eventuali criticità di carattere organizzativo e clinico.
A novembre è stata diffusa la nuova linea guida sulla gravidanza dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per migliorare l’assistenza sanitaria delle donne in dolce attesa e ridurre, così, il rischio di complicanze. Nel decalogo vengono raddoppiati i controlli: le visite dal ginecologo raccomandate passano da 4 a 8, con l’accortezza di sottoporsi alla prima entro la 24esima settimana di gestazione. Confermata l’importanza del corretto stile di vita, in primis l’astensione dal fumo e dall’alcol.
Nonostante quindi le statistiche parlino di un numero rassicurante, troppe donne ancora insieme ai bambini perdono la vita nel parto.

Parole di Lavinia Sarchi