Orrore Isis: all'asta nelle chat e nei mercati donne e bambine rapite

Orrore senza fine dell’Isis: il Califfato adesso mette all’asta le donne e le bambine rapite nelle chat per smartphone. Le prigioniere catturate durante i combattimenti prima vengono trasformate in schiave sessuali e dopo portate in un vero e proprio mercato, dove vengono vendute al miglior offerente. Prima la “merce” si può scegliere nelle chat di Telegram, Whatsapp e siti creati apposta per la tratta delle donne. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani è in corso un “genocidio” .

Orrore Isis: all’asta nelle chat e nei mercati donne e bambine rapite

Orrore senza fine dell’Isis: il Califfato adesso mette all’asta le donne e le bambine rapite nelle chat per smartphone e nei mercati. Le prigioniere catturate durante i combattimenti prima vengono trasformate in schiave sessuali e dopo portate in un vero e proprio mercato, dove vengono vendute al miglior offerente. C’è però prima un mercato virtuale: la “merce” infatti si può scegliere nelle chat di Telegram e Whatsapp.
Ad ogni donna e bambina corrisponde un lotto, proprio come fossero merce da vendere e i compratori scelgono dal “catalogo” online, dopo di che vanno a ritirarle nel mercato.
Al momento tale aberrante compra-vendita è in atto nelle città di Mosul e Deir Ezzor. Una strategia diabolicamente pianificata, con database, chat, siti creati ad hoc come “il mercato del Califfato” o “prigionieri in vendita”.
Chi si rivolge a questa agghiacciante tratta di esseri umani sono in genere uomini dai 20 ai 60 anni e sono solo militanti e affiliati all’Isis: iracheni, siriani, marocchini, algerini, tunisini, turchi, libici, egiziani, sudanesi, uzbeki, kazaki. Spiccano anche i ricchi sauditi. Le povere ragazze non sono solo usate per soddisfare i piaceri sessuali, come diversivo, ma anche come strumento per dissuadere quei combattenti che decidono di lasciare l’Isis.

MALTRATTAMENTI E VIOLENZA SULLE DONNE DA PARTE DELL’ISIS

Schiave sessuali punite in caso di fuga

Le schiave sono merce di scambio: possono essere acquistate, scambiate, regalate e naturalmente “usate”. E la legge incredibilmente tutela tutto questo scempio. I tribunali islamici infatti addirittura hanno inasprito le punizioni per quelle che provano a fuggire. Se catturate di nuovo vengono bastonate, messe in prigione, torturate, dopo essere state riconsegnate ai “proprietari”. Tali aberranti pratiche sono sostenute anche dal “Comitato per compravendita degli schiavi” che autorizza i gruppi locali ad allestire i mercati, della durata di una settimana, nelle case, sale o scuole.

DONNE CHE SI RIFIUTANO DI DIVENTARE SCHIAVE: L’ISIS HA GIUSTIZIATO 19 DONNE CURDE

L’ Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani l’ha definito “genocidio in atto” che non guarda in faccia niente e nessuno: ci sarebbero anche minorenni e donne incinta. Bambine stuprate, ammanettate e lasciate senza cure mediche. Spesso lasciate in ambienti sporchi e in condizioni igieniche disastrose. Secondo l’Onu dal 2014 sono state 5.800 le donne rapite, di cui l’80% è stato destinato all’acquisto individuale, il 20% distribuito in basi militari come proprietà collettiva. Il prezzo poi è stabilito in base ad età, salute e aspetto fisico.
Per fortuna alcune volte riescono a liberare donne e bambine, anche se si stratta di vere e proprie gocce nel mare. Molti attivisti operano a Raqqa, a Mosul e sono riusciti a salvare 2000 vite. Un lavoro molto difficile, che spesso costa la vita agli stessi attivisti e anche quando riescono a riportare in vita le donne, alcune di loro si suicidano.

Nadia Murad Basee Taha, 22 anni, è diventata la portavoce di tutte le donne schiave. Dal 16 settembre è ambasciatrice Onu, ha fatto appello alla Corte Penale Internazionale per fermare i crimini dell’Isis contro la sua comunità. Vittima anche lei di decine di stupri per aver tentato la fuga, prova a dar voce a tutte quelle donne e bambine rapite che finiscono nella rete dei miliziani dell’Isis. Queste donne vanno salvate, ma purtroppo per ora non ci sono piani, nonostante i continui massacri di civili ogni giorno a Mosul.

Parole di Lavinia Sarchi