Mobbing: colpisce anche le neomamme

Mobbing: quando il lavoratore subisce pressioni psicologiche. Accade spesso anche alle lavoratrici madri. Due storie di donne, colpite nel momento più bello, quello della maternità.

Mobbing: colpisce anche le neomamme

Festa della donna, il momento giusto per parlare delle mamme lavoratrici. La legge italiana sulla tutela della maternità è presa ad esempio in tutto il mondo, ma di fatto come spesso accade, la sua corretta applicazione è ben lungi dal venire. Per capire vi raccontiamo due storie di mamme che hanno subito mobbing: Valeria vive da sola già da un paio di anni, quando rimane incinta. Il suo ragazzo non si sente pronto, lei prende appuntamento per l’aborto, ma al consultorio la aiutano a capire cosa vuole: il suo bambino. Consapevole delle difficoltà delle ragazze madri, comincia ad assaporare la gioia dell’evento e a condividerlo con amici e colleghi.

La notizia arriva alle orecchie sbagliate ed il suo contratto (il 7° in 7 anni) da co.co.co. viene interrotto. La motivazione: avere in sede una donna incinta, per di più non sposata è disdicevole. E’ successo 3 anni fa: da un anno ha vinto la causa, devono riassumerla e darle gli arretrati, ma non se ne parla. E’ diventata bulimica ed è seguita da uno psichiatra. Per fortuna non usa pillole: la presenza del piccolo Matteo (e dei suoi genitori, dai quali è stata costretta a tornare) è la migliore terapia.
 
Paola invece è sposata e sceglie di avere un figlio. A 35 anni dopo aver dedicato tanto al lavoro è ora! Avuta la sua bimba, decide di tornare al lavoro, certa di poter dare di più grazie alla sua gioia e maturazione. Ma subito le viene detto che non potrà sedersi alla sua vecchia scrivania, benché vuota, perché il direttore “non vuole vedere la sua faccia”. Poi pubblicamente viene detto che nessuno dovrà rivolgerle la parola, pena una lettera di richiamo e viene invitata a sistemarsi in un archivio.
 
Piange nel raccontarci le umiliazioni e le cattiverie continue che ha subito, ma piange soprattutto perché questa storia l’ha portata ad allontanarsi dalla sua bambina, a dormire in ogni momento libero della giornata, finché non ha capito di avere una forte depressione. Si è fatta aiutare, ha dovuto prendere psicofarmaci per un anno. Non ha ceduto alla violenza psicologica, ma i datori di lavoro non l’hanno perdonata: licenziata dopo 2 anni. Ora è serena con la sua piccola Federica.
 
Molte altre storie le ha raccontate la regista Silvia Ferreri giusto qualche anno fa con un documentario ed un libro: “Uno virgola due”. Questo il titolo della ricerca sulla maternità ed il mobbing, che ora è diventato anche un blog: storie di donne che hanno rinunciato al lavoro. Perché?