La storia di Grace: come reagire alla violenza contro una donna

Laterza puntata di una storia verosimile che racconta la violenza sulle donne

La storia di Grace: come reagire alla violenza contro una donna

«Avvocato – gracchia la segretaria all’interfono – c’è qui una signora che dice di essere una sua amica: ha bisogno di parlarle. Cosa faccio? La faccio accomodare? Si chiama Susanna».

«Susanna? Sarà mica la sorella della Grace», penso subito, sapendo che si era viste qualche settimana prima con Maria, la mia collega penalista, e sua sorella.
Il mio intuito da detective, anzi da Avvocato, non sbaglia: è lei.

Dopo i soliti convenevoli, la faccio accomodare: «E allora? Che ti succede?».

«Non sono qui per me, ma per Grace. Non ne posso più di vedere come l’ha ridotta Giangi, di come lei è cambiata e di come soffre per quel bastardo! Solo il suo amore di mamma le dà la forza di continuare, ma non è giusto. Ha oltrepassato il limite, adesso basta!», mi dice concitata tanto che non capisco se è Grace che non lo regge più o se il Giangi ha esagerato.

«Calmati Susy, spiegami cosa è successo e cosa vuoi fare», le dico interrompendo quel fiume in piena di parole che le escono dalla bocca.

«Domenica scorsa – inizia a raccontarmi, questa volta con più calma – sapendo che lui era fuori per lavoro, io e mamma siamo andate a casa di Grace per trascorrere qualche ora con lei e le nipotine. Io e lei ce ne stavamo in soggiorno, mentre la nonna badava alle piccole nella loro cameretta, quando il cellulare di Grace ha iniziato a squillare.
Lei, non appena ha letto il nome sul display, è sbiancata: era il Giangy!

“Dove sei? Perché non rispondi al citofono? – la ha chiesto al telefono – Sono 10 minuti che suono! Lo sai che non ho portato le chiavi: apri e sbrigati che diluvia”.

“Oddio, e adesso cosa gli dico? – ha mormorato Grace – Lui non vuole che voi veniate qui a casa sua!”

Se non fossi stata lì, mai avrei potuto immaginare quella situazione», conclude Susy.

Invece, non appena la porta si è aperta ed entrato Giangy, già contrariato per la sospensione dell’air show a cui avrebbe dovuto partecipare, vedendo la cognata si rivolse alla moglie e, imprecando, le disse: “Lo sai che non voglio la tua famiglia a casa mia, già la vedi abbastanza quando vai al lago. Te lo avevo detto, ma tu fai sempre di testa tua: chi credi di essere? Sei solo una povera stupida e qui decido io chi viene! Pensavi di fare la furba, vero? Fuori, fuori! Manda subito via tua sorella da casa mia!”

Sentendo trambusto, la madre di Susy e Grace era accorsa, badando bene di chiudere tutte le porte dei corridoi per non far sentire nulla alle piccole. Di fronte al genero, lo aveva guardato con sfida: “Chi è che non deve entrare a casa tua? E Mariagrazia deve stare ai tuoi ordini, vero? Comunque tu non butti fuori nessuno, siamo noi che ce ne andiamo!”

Grace, amareggiata e piena di vergogna, non aveva aggiunto altro. Aveva accompagnato le parenti alla porta, con gli occhi bassi e mormorando scuse mendaci sull’atteggiamento del coniuge:
“E’ un brutto periodo, ha problemi di lavoro per la nuova filiale a Shangay e sua madre non lo lascia in pace per i lavori alla casa del mare”.

«Quasi quasi si sarebbe detto che ci credeva pure lei», sentenzia Susy.

Nel viaggio di rientro Susy e la madre si erano fatte coraggio e, dopo un periodo di tormentata indecisione, avevano deciso: era il momento di dire basta!
«Ora – mi dice – dobbiamo far si che smetta di torturare mia sorella!»

Decidiamo allora di convincere Grace a procedere con un istituto rapido, efficace e che non necessita della presentazione di una vera e propria denuncia, atto che per il momento Maria Grazia
non si sente pronta ad affrontare.
L’ammonimento del Questore, rimedio amministrativo innovativo, previsto dalla legge 119/2013, cosiddetta sul femminicidio.

Così, il giorno dopo, Susanna convince la sorella a venire in studio per parlare della situazione, con lo scopo di persuaderla ad intraprendere, a tutela di sé e delle bimbe, il percorso di protezione.

Grace dapprima pare essere a disagio, addiritrtura si assume parte della responsabilità del cambiamento di Giangy, sostenendo di essersi dedicata quasi totalmente alle bimbe. Poi, però, inizia a raccontare che lui, quella stessa sera, aveva distrutto i calici di cristallo regalati dai suoi genitori e che le gemelline si erano spaventate per il rumore dei cocci e le urla dei genitori. Non era neanche la prima volta che il marito, dopo un litigio, la minacciasse di lasciarla senza un soldo, di metterla in mezzo alla strada insieme alle figlie.

Il tempo scivola veloce, Grace fornisce sempre più particolari e la realtà appare davvero preoccupante. Ma durante lo sfogo, Grace assume sempre più certezza di voler proteggere le sue bimbe, oltre che salvaguardare la propria incolumità e dignità.

A questo punto chiedo a Maria di raggiungerci in sala riunioni per spiegare a Grace come si svolgerà la presentazione del ricorso e le modalità dell’intervento dell’Autorità.

LEGGI LE ALTRE PUNTATE DE ‘LA STORIA DI GRACE’

I – Come comincia la violenza contro una donna
II – Come si riconosce la violenza contro una donna