Insaccati in gravidanza: quali si possono mangiare?

Insaccati in gravidanza, quali si possono mangiare, quando e come: ecco alcune informazioni utili per le future mamme.

Insaccati in gravidanza: quali si possono mangiare?

Insaccati in gravidanza, quali si possono mangiare? Una domanda ricorrente tra le future mamme alle prese con le voglie improvvise di salame o di prosciutto, che nella maggior parte dei casi devono mettere a tacere per nove lunghi mesi. Ma non tutto è perduto, alcuni insaccati si possono mangiare senza problemi. Ecco qualche informazione utile in merito.

Gli insaccati consentiti

La premessa d’obbligo è che, durante la dolce attesa, l’alimentazione della gestante merita un po’ di attenzione e cautela aggiuntiva rispetto al solito. In particolare, alcuni cibi e bevande sono da evitare o consumare con attenzione. Gli insaccati rientrano proprio in questa categoria di alimenti da consumare con alcune limitazioni.

Se è vero che gli affettati rientrano tra i prodotti dell’eccellenza gastronomica italiana, durante la gestazione, per tutelare la salute del nascituro e della futura mamma, la rinuncia alla maggior parte degli insaccati è obbligatoria. Via libera solo a quelli cotti, come il prosciutto cotto e la mortadella.

Vietati, invece, salame, prosciutto crudo, speck & co. Un divieto che, però, ammette qualche eccezione. Infatti, le donne in gravidanza che hanno già contratto la toxoplasmosi possono concedersi tutti gli insaccati, senza rischi. Per questo motivo, all’inizio della gravidanza, attraverso le analisi del sangue di routine prescritte dal medico curante, dal ginecologo, si indaga su questo punto, per capire se la gestante è immune o meno.

La toxoplasmosi

Il consumo di insaccati, come quello della carne cruda, per esempio, è bandito durante la dolce attesa proprio in virtù del pericolo toxoplasmosi. Quindi, se l’infezione da toxoplasmosi è già stata contratta dall’interessata il rischio, così come il divieto, diventano nulli.

Ma cos’è la toxoplasmosi? Si tratta di una malattia infettiva solitamente innocua che, però, se contratta durante i nove mesi di dolce attesa può comportare alcuni pericoli seri soprattutto per la salute del piccolo che cresce dentro il pancione. Contraendo l’infezione la gestante può trasmetterla al nascituro attraverso la placenta comportando alcuni rischi da non sottovalutare. Rischi, che, però, variano in base al periodo di gestazione: più è avanzato il periodo della gravidanza più aumenta il pericolo di trasmissione dell’infezione al piccolo e più è precoce il contagio, con il passaggio del microroganismo patogeno attraverso la placenta, più si aggrava, diventando più severo e complesso, il quadro clinico per il bimbo.

Parole di Camilla Buffoli