Il Giappone e le donne: dalla principessa Mako alle contraddizioni di un'epoca

Il Giappone è una delle aree più ricche di storia e tradizioni al mondo. Nella sua società attuale si insinuano elementi del passato e del presente che talvolta confliggono alla ricerca di un futuro. Fulcro di questo incessante moto di rivoluzione intorno al conservatorismo culturale giapponese è la donna, oggi più che mai al centro di una svolta epocale.

Il Giappone e le donne: dalla principessa Mako alle contraddizioni di un’epoca

Le donne in Giappone sono il sintomo delle contraddizioni di un’epoca. La principessa Mako racchiude in qualche modo l’essenza e la sintesi della spinta propulsiva al cambiamento, che tenta di sopravvivere alle rigide regole conservatrici retaggio di una storia millenaria. Nella volontà di autodeterminazione, intesa come libertà “positiva” di essere artefici del proprio destino, si tessono le trame di una nuova concezione dei sessi e del loro ruolo nell’assetto sociale e politico giapponesi.

Mako: la principessa che rinuncia al titolo per amore

L’atto finale con cui si concluderà la sua uscita definitiva dal Palazzo del Crisantemo, e con essa dalla famiglia imperiale, non è ancora compiuto ma la principessa Mako, 25 anni e una forza degna di una donna d’altri tempi, è più che mai determinata nella sua scelta. Sposerà l’uomo che ama, spazzando via per sempre dal suo futuro un posto di rilievo nella Casa reale giapponese.
Il fidanzamento ufficiale della principessa Mako, nipote primogenita dell’imperatore Akihito e figlia maggiore del principe Akishino, convolerà a nozze con il compagno di studi Kei Kamuro, lontano anni luce dalla nobiltà e dallo sfarzo regale. Un matrimonio che fa discutere ancor prima del suo compimento, verosimilmente individuabile nella prossima primavera.

Vietata l’ascesa al Trono del Crisantemo

A scuotere il Giappone è la rinuncia di una ragazza al brillante futuro di palazzo per amore. Una volta sposata, non godrà più dei privilegi riservati ai membri della Famiglia reale, perdendo definitivamente il titolo.
Ai sensi della legge imperiale giapponese, dalla fine del XIX secolo alle donne è proibita l’ascesa al Trono del Crisantemo. Il governo pagherà alla principessa un indennizzo per la rinuncia al titolo, al pari di quanto accaduto quando l’unica figlia femmina dell’imperatore Akihito, Sayako Kuroda, decise di sposare un cittadino comune nel 2005 (percepì 150 milioni di yen, l’equivalente di 1,8 milioni di euro).

La donna nella Famiglia reale: su di lei il peso della nobiltà

Tutto il peso sociale della nobiltà incombe sulla donna, che come membro della Famiglia reale giapponese non ha possibilità di conciliare titoli nobiliari e scelte di vita “comuni”. Così, se per la principessa Mako il sogno d’amore può avverarsi ma comporta la conclusione del suo percorso da nobile, all’uomo è riservato tutt’altro trattamento.
La perdita del titolo è prevista, infatti, dalla legge del 1947 secondo cui le donne della Casa reale che sposano un cittadino comune non possono mantenere lo status sociale pregresso. Contestualmente al matrimonio, Mako rinuncerà anche alla residenza imperiale. Questo non accade a parti invertite, quando, cioè, sono i rampolli maschi a sposare una “comune mortale”.

Giappone: una società ancora maschilista

Già nell’arte il Giappone esprime le proprie contraddizioni di società ancora a forte impronta maschilista. La rappresentazione della donna, oggi come secoli fa, è legata all’alchemica miscela di piacere e dolore, elevazione e sottomissione. Esaltazione delle forme e della bellezza, sempre diafana e sempre incorruttibile, si mescolano all’idea di una donna immersa (e talvolta dispersa) nelle trame del potere e del dominio degli uomini anche nella sessualità.
Se fino all’VIII secolo il Giappone vive una sostanziale par condicio tra i sessi, è chiaro che la decisiva involuzione dei ruoli femminili in favore della progressiva ricostituzione del maschio “dominante” sia un fil rouge che da allora arriva ai giorni nostri.

Il ruolo centrale della donna in epoche lontane

La donna giapponese aveva un ruolo centrale in epoche lontane, riuscendo persino ad assumere incarichi di notevole rilievo sociopolitico. Basti pensare al fatto che nella storia del Giappone per 8 volte salì al trono un’imperatrice.
Basti pensare anche alla dottrina shintoista secondo cui la dea del Sole, Amaterasu, avrebbe generato l’intera dinastia imperiale. Un ruolo decisamente portante per la donna, ma sempre più relegato a una lettura ideale e metafisica della realtà che non trova, via via, una traduzione immediata nella vita vera.
Sino all’avvento del confucianesimo, in antitesi manifesta rispetto alla centralità della figura femminile nella società (visione peraltro tuttora a substrato culturale nel Paese), alle donne è dunque riservato un posto in prima fila nella gestione delle cose oltre la sfera familiare.

Donne sottomesse agli uomini: cosa cambia con il Confucianesimo

Un vento nettamente diverso soffia sul Sol Levante a partire dalla gestazione del Confucianesimo nel tessuto sociale giapponese. Un pensiero che incide negativamente (e nel lungo periodo) sul peso specifico della donna rispetto all’emersione di una visione più propriamente androcentrica del reale, per la quale ancora oggi si parla di disparità tra i sessi in Giappone.
La donna è considerata dal Confucianesimo come essere sostanzialmente inferiore, utile alla gestione esclusiva della famiglia che, giocoforza, si trasforma in una sorta di trappola di cristallo. A lei è imposto di badare ai figli e obbedire al marito, sottomettendosi di riflesso anche dal punto di vista sessuale.
È con l’adozione dello shogunato Tokugawa del Confucianesimo come filosofia ufficiale che la donna sprofonda nelle sabbie mobili delle “tre obbedienze”: al padre, al fratello e al marito (o ai figli maschi se rimasta vedova).
Non è un caso che, ancora oggi, il marito indichi la moglie con il termine “Kanai”, che significa letteralmente “a casa” ed è parafrasi dell’ordine patrilineare delle famiglie giapponesi (in cui proprietà, titoli nobiliari e privilegi passano di padre in figlio maschio, mentre la sorte certa delle femmine è, anche se ora non sempre, stare a casa).

La geisha: stereotipo-trappola della bambola di porcellana in cui vivere e morire

Japanese Geisha
Dalla società, alla famiglia, all’eros: il dovere di essere una brava madre e una moglie disponibile e complice si traduce nello stereotipo della “geisha”, slegata dal naturale significato di “donna d’arte” e resistente al tempo nell’accezione di “bambola di porcellana”, di una bellezza angelica, d’indole arrendevole.
Uno stereotipo-trappola, in cui la donna giapponese spesso vive e muore, nonostante attualmente sia sempre meno piegata al dominio maschile e sempre meno propensa a sacrificare i propri sogni.

Dalla geisha alla OL: le Office ladies giapponesi, figlie premature dell’emancipazione

Il processo di emancipazione della donna in Giappone passa per una figura intermedia tra la geisha e la concezione occidentale del ruolo femminile: nasce così la “Office Lady” (OL), prototipo di donna “moderna” integrata nella nuova idea di società delle pari opportunità.
Le “Office Ladies” sono note anche come “Fiori d’ufficio”, e nonostante la maschera rivoluzionaria di cui si vestono, devono comunque sottostare a regole ferree di galateo anche nel lavoro: devono servire il tè, chiedere scusa e ringraziare, inchinarsi (anche quando si saluta qualcuno al telefono).
Il primo ruolo che ricoprono, nonostante titoli accademici e posizione lavorativa, è quello di servire sempre i colleghi uomini: è il segno che ci si trovi comunque di fronte al parto prematuro dell’idea di “donna emancipata”.

Matrimonio combinato: un retaggio che non piace alla pincipessa Mako

Le imminenti nozze della principessa Mako costituiranno uno spartiacque fondamentale anche nella concezione delle “unioni di plastica” in Giappone: i matrimoni combinati sono ancora una realtà consistente nel Paese, per la quale moltissime donne subiscono le scelte imposte dagli uomini anche in amore. Un destino al quale Mako non ha voluto cedere nonostante le forti pressioni di palazzo. Si tratta di un chiaro sintomo di insofferenza allo status quo ormai gunto alla massima severità. Ecco perché tra tutte le icone femminili, Mako resterà nella storia e nei sogni di milioni di donne giapponesi incapaci dello stesso coraggio.

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Parole di Giovanna Tedde