Giornata della memoria, qual è oggi il vero significato del ricordare?

Oggi come ogni anno ricorre la Giornata della Memoria in commemorazione delle vittime dell’Olocausto. E’ il 27 gennaio del 1945 infatti che le truppe dell’Armata Rossa riuscirono ad entrare nel campo di concentramento di Auschwitz in Polonia e salvarono i pochi sopravvissuti. Da allora per non dimenticare, oltre alle ricorrenze, i dibattiti, le mostre, è sempre stato possibile vivere quei luoghi di sterminio visitando i campi. Ecco che arriva un documentario su un tema inedito: i luoghi di sterminio meta di turismo. Un turismo a cui manca la vera comprensione della storia. E’ questa la provocazione del regista ucraino Sergei Loznitsa nel suo lungometraggio Austerlitz.

Giornata della memoria, qual è oggi il vero significato del ricordare?

Oggi come ogni anno ricorre la Giornata della Memoria in commemorazione delle vittime dell’Olocausto. E’ il 27 gennaio del 1945 infatti che le truppe dell’Armata Rossa riuscirono ad entrare nel campo di concentramento di Auschwitz in Polonia e salvarono i pochi sopravvissuti. Qual è oggi il vero significato del ricordare? Da allora per non dimenticare, oltre alle ricorrenze, i dibattiti, le mostre, è sempre stato possibile vivere quei luoghi di sterminio visitando i campi. Ecco che arriva un documentario su un tema inedito: i campi di concentramento come meta di turismo.
Un turismo a cui manca la vera comprensione della storia. E’ questa la provocazione del regista ucraino Sergei Loznitsa nel suo lungometraggio Austerlitz. Nel suo documentario l’ucraino vuol mostrare come quei luoghi di morte, di sofferenza siano oggi diventati solo mete turistiche di visitatori inconsapevoli, ignari di tutto ciò che li circonda. Nella sua pellicola in bianco e nero mostra quei visitatori mentre mangiano panini, bevono, rispondono al telefono, chiedono del bagno, postano selfie.

‘Non sono musei da cartolina’

“Un campo di concentramento non può essere un museo. Questa storia è ancora troppo vicina a noi. Non è Pompei. Le condizioni che hanno creato questi campi sono ancora attuali, non si possono visitare come fossero scavi archeologici” spiega Loznitsa. Questi luoghi meritano, sembra dirci il regista, rispetto: nel documentario si vedono Dachau e Sachsenhausen, progettati per la soluzione finale, per sterminare definitivamente un popolo in nome di una inferiorità di razza. Non può essere quindi un semplice museo da visitare e men che meno una bella cartolina da postare come selfie su Facebook. “L’idea di fare questo film mi è venuta perché visitando questi luoghi ho sentito subito una sensazione sgradevole nel mio essere lì. Sentivo come se la mia stessa presenza fosse eticamente discutibile e avrei voluto davvero capire, attraverso il volto delle persone, degli altri visitatori, come ciò che guardavano si riflettesse sul loro stato d’animo”. Purtroppo la risposta nel suo documentario è che si respira solo indifferenza.

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Cosa cerca il turista che visita il campo di concentramento?

Cosa cerchi il turista che visita il campo di concentramento è ciò che si chiede Loznitsa nel suo film. “Cercano la morte a distanza di sicurezza”. E’ questo ciò che riprende la sua telecamera fissa: giovani, adulti e scolaresche, che sembrano in vacanza. Uno sguardo distaccato e indifferente il cui solo pregio è potere dire “ci sono stato”.
International Holocaust Memorial Day
Il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani l’ha designato come Film della Critica: “Il regista ucraino apre gli occhi degli spettatori sui campi di sterminio, mostrandone la fruizione attuale, tra il museale e il turistico. Ne esce uno stratificato sguardo sull’umanità, sulla percezione della barbarie e della memoria, oltre che (ovviamente) sul ruolo dell’immagine e dell’immaginario”.

Il progetto Yolocaust sui selfie

Il tema di Austerlitz è stato toccato anche da un altro autore, l’israeliano Shahak Shapira. Con il progetto shock Yolocaust ha creato un contenitore di foto e selfie fatti all’Holocaust-Mahnmal, il monumento alla memoria delle vittime dell’Olocausto di Berlino. Ha ripreso decine di fotografie scattate al Memoriale e pubblicate sui social e ha creato alcuni fotomontaggi: i protagonisti di selfie sorridenti si sono ritrovati ad avere intorno le scene raccapriccianti e reali di quel luogo, come cumuli di ossa e prigionieri ridotti a scheletri.
selfie di Yolocaust
Diventato subito virale, il progetto è un monito morale per le future generazioni. “Queste immagini dimostrano quanto facilmente si possano dimenticare le tragedie del passato”, aveva spiegato il 28enne israeliano e oggi a rimarcarlo c’è il documentario dell’ucraino.

Il film è stato presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e al Toronto Film Festival e in questi giorni uscirà in Italia.

Migranti di oggi come i deportati di Auschwitz?

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Per rimanere in tema di indifferenza, viene spontaneo l’accostamento delle terribili immagini dei deportati dei campi di concentramento di Auschwitz e Dachau con quelle dei migranti oggi in arrivo in Europa. Treni colmi. Filo spinato. Marchi sulle braccia. In fila al freddo. Tutto ricorda la Shoah.

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Sono gli stessi deportati sopravvissuti a vederci una triste somiglianza: “Tra quello che io guardo oggi in televisione e quello che io ho vissuto e subito più di 70 anni fa, vedo, pur con tutte le differenze del caso, dei punti in comune. E questi sono l’indifferenza della maggioranza e l’incapacità delle istituzioni di tutelare il più debole”. A raccontarlo, in un intervento al Senato nel 2015, fu Piero Terracina , deportato appena quindicenne, ad Auschwitz-Birkenau.
L’accostamento fa paura, ma c’è. All’epoca il mondo sapeva cosa stava succedendo a milioni di ebrei, così come oggi l’Europa sa cosa stanno passando milioni di profughi in arrivo da paesi lontani in cerca di una vita migliore. Il senso di una Giornata della Memoria deve essere anche quello di evitare di commettere gli stessi errori e di non girarsi dall’altra parte. Come è noto, spesso è l’indifferenza a uccidere.

Parole di Lavinia Sarchi