Essere donne in Perù, una condizione difficile

Essere donne in Perù e in molti altri Paesi è ancora una cosa molto difficile. La violenza, la malnutrizione e l'arretratezza fanno dell'essere donna una colpa. Ma qualcosa si può fare grazie a Coopi.

Essere donne in Perù, una condizione difficile

Essere donne, una condizione a cui non possiamo sottrarci e di cui abbiamo il dovere, ma anche le possibilità, di andare fiere. Si perchè essere donne per molte di noi significa ancora essere penalizzate, maltrattate, vivere in situazioni precarie senza assistenza medica o psicologica, senza istruzione, senza dignità. Avviene in molti Paesi, avviene in Perù. Un Paese che per molti è solo una vacanza, la culla della civiltà Inca ma anche di una profonda arretratezza sociale che vede la donna ancora come un oggetto nella mani degli uomini.

La testimonianza che abbiamo raccolto arriva dalla viva voce di Morena Zucchelli, che per molto tempo è stata Coordinatrice Paese dei progetti di COOPI in Peru’ e ha vissuto una trentina di anni in America Latina, lì dove essere donne significa ancora perdere alla nascita una serie di diritti.

Morena infatti ci racconta della sua esperienza esordendo con la frase “Il Perú é un paese ‘machista‘, essere donna in Perú vuol dire, per tutte le donne di qualsiasi ceto o etnia sociale, essere discriminata e non avere accesso per diritto ma solo” se possibile” ai vari servizi soprattutto educativi e sanitari.

I servizi sanitari sono accessibili, ma non gratuiti, per le donne che nascono nelle grandi città per tutte le altre sono solo un miraggio. Moltissime sono ancora le donne che in Perù muoiono durante la gravidanza o di parto. Secondo stime governative del 2010, 185 donne ogni 100mila nascite sono morte per conseguenze legate al parto o alla gravidanza. Secondo le Nazioni Unite, rapporto 2010, la mortalità materna sarebbe più grave: il numero sarebbe 240 ogni 100mila. Per non parlare dell’aborto che, se in paesi civili come il nostro è (o si propone di essere), è ancora un argomento anacronisticamente dibattutto, in Perù non esiste. L’aborto (manco a dirlo) non è legale eppure moltissime sono le donne che ogni anno muoio per un aborto clandestino e in ogni angolo delle città si possono leggere cartelli che sponsorizzano un aguzzino piuttosto che un altro come se si parlasse del posto più conveniete dove fare una ceretta!

Da donne a donne, consapevoli di essere più fortunate, non possiamo non pensare che mai si potrà parlare di “emancipazione femminile” se questa non è globale. Contro l’ignoranza che vincola le donne ancora alla condizione di mogli – madri, serve fare qualcosa possiamo adottare un bambino a distanza!

Morena ci racconta la storia di Joissy, una ragazzina di 16 anni la cui famiglia vive in condizioni molto precarie. Joissy è riuscita a scampare al suo destino che la voleva serva in una famiglia, grazie all’aiuto di Pierluigi e Tiziana. Joissy oggi va a scuola e riceve ogni mese un pacco di alimenti che condivide con la sua famiglia. Non solo, grazie a una donazione ulteriore, Joissy ha potuto seguire anche un corso di informatica che le permetterà di avere le conoscenze fondamentali per trovare un lavoro dignitoso.

Tutto questo è possibile, ed è possibile grazie a Coopi che nell’ambito dei suoi interventi pone sempre particolare attenzione alle fasce più deboli della popolazione, come appunto le donne. Proprio in Perù infatti Coopi ha avviato un progetto, in collaborazione con Casa de Panchita, che ha come obiettivo quello di tutelare tutte le bambine costrette a diventare delle serve e condannate quindi a condizioni di malnutrizione, violenza e malattie.

La storia di Joissy ci insegna che è possibile fare qualcosa e che non possiamo non farla. Parliamo di donne, parliamo di noi, non giriamo la testa da un’altra parte!