Divorzio, assegno di mantenimento: ora conta l'autosufficienza e non il tenore di vita

Giro di vite della Cassazione sul diritto al mantenimento per l'ex coniuge in caso di divorzio: archiviato il 'garantismo' sul tenore di vita matrimoniale, ora contano indipendenza e autosufficienza economica dell'ex partner. Un cambio di rotta in linea con lo scenario europeo in materia di divorzi.

Divorzio, assegno di mantenimento: ora conta l’autosufficienza e non il tenore di vita

AP/LaPresse

Svolta storica su divorzio e assegno di mantenimento: non conta più il tenore di vita matrimoniale ma l’autosufficienza del coniuge richiedente. A stabilirlo è una sentenza di Cassazione, la 11504, che ha dipanato la matassa di una causa legale di divorzio “eccellente” iniziata nel 2013, tra un ex ministro e la sua ex moglie. Per oltre 30 anni, a stabilire l’entità di questa somma, comune denominatore della fine di migliaia di matrimoni in Italia, era stata la valutazione del “passato”: all’ex coniuge veniva riconosciuta una somma in grado di garantire il perdurare del tenore di vita tenuto durante il rapporto coniugale. Archiviato questo orientamento, ultimo baluardo “garantista a priori” per milioni di divorziati, ora si cambia pagina. L’assegno dovrà essere proporzionato alla capacità economica dell’ex che chiede il mantenimento.

Assegno di mantenimento: via il tenore di vita matrimoniale

Il cambio di rotta inaspettato in materia di divorzio in Italia è partito dalla causa tra un ex ministro e sua moglie, un’imprenditrice. Sposati dal 1993, sono arrivati alla separazione nel 2013. Non è bastato che lui le versasse due milioni di euro: la signora ha presentato ricorso in Cassazione dopo aver visto negato, dalla Corte d’appello di Milano, l’esborso di un “vitalizio” a carico del suo ex marito.
Ma la Cassazione è stata chiara: il tenore di vita del passato matrimoniale non può influenzare il presente, in cui il coniuge richiedente potrebbe aver maturato una certa indipendenza economica, fino alla piena autosufficienza. Sull’asse giuridico, quindi, la novità assoluta è lo spostamento di indirizzo da un “dualismo” del patrimonio matrimoniale a una valutazione individuale della reale capacità economica del richiedente.

Archiviata la concezione del “mantenimento a vita”

Il “mantenimento a vita” non ha quindi alcun presupposto di universalità e oggettività. Nell’innovativa sentenza di Cassazione si contempla il concetto di matrimonio come status transitorio dei coniugi, non assoggettabile alla vecchia e inadeguata “sistemazione definitiva”. “Sposarsi è un atto di libertà e autoresponsabilità”, si legge nel verdetto dei giudici.
Oltre all’aspetto legale della questione, appare chiaro che sia sottesa una nuova idea di rapporto tra coniugi: una volta divorziati, si torna single, anche dal punto di vista del sostentamento economico.
Mantenere un ex coniuge a vita, in più di un caso, può spesso significare il dover abbandonare la prospettiva di rifarsi una vita.

La sentenza della Cassazione che rivede il divorzio

La motivazione della sentenza è da inserire in una sostanziale revisione del concetto di mantenimento nel divorzio , chiarita da quanto messo nero su bianco dalla Corte: “Si deve quindi ritenere che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale”. Dopo la novità “formale” del divorzio breve in Italia, quindi, arriva quella “sostanziale” con una stretta sull’autosufficienza dell’ex coniuge che rivendica il diritto e “se è accertato che è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto”.

Un verdetto che fa discutere

L’introduzione del “parametro di spettanza” che annulla il “parametro di tenore di vita matrimoniale” ha destato non poche polemiche sulla giustezza del verdetto di Cassazione sul diritto al mantenimento.
La sociologa Chiara Saraceno ha aperto il discorso su un’ipotesi di penalizzazione della donna nelle cause di divorzio: “È una sentenza che si basa su un principio di uguaglianza fra uomo e donna che nella realtà non esiste e perciò l’effetto pratico potrà essere molto penalizzante per le donne”. Secondo la Saraceno, non si può omettere una valutazione del contributo della donna all’incremento del tenore di vita matrimoniale, il cui lavoro per la cura della famiglia e della casa consente al marito di dedicare il suo tempo a lavorare e aumentare il reddito.

Per Gian Ettore Gassani, avvocato matrimonialista, “si tratta di un terremoto giurisprudenziale in linea con gli orientamenti degli altri Paesi europei”.
E sull’assegno divorzile specifica: “Il nostro Paese è l’unico a non condividere la necessità o comunque l’utilità dei contratti prematrimoniali“.

Parole di Giovanna Tedde