Di Giovanna Tedde | 1 Novembre 2017

Chi è Sayfullo Habibullaevic Saipov, l’attentatore di New York? Ha ucciso 8 persone e ne ha ferite almeno 15, di cui alcune in gravi condizioni, nel pomeriggio di Halloween a Manhattan. Uzbeko di 29 anni, moglie e tre figli, ex autista Uber, aveva permesso di soggiorno permanente (la cosiddetta “green card”) e un passato, a detta di alcuni conoscenti, senza alcuna ombra. Spunta un secondo sospettato, già a disposizione delle autorità nella serata del 1° novembre.
Sayfullo Saipov negli Stati Uniti dal 2010
Sayfullo Habibullaevic Saipov risulta negli Stati Uniti dal 2010, prima a Tampa (Florida), poi a Paterson, nel New Jersey, dove pare risiedesse ormai stabilmente con moglie e 3 figli.
Secondo alcune testimonianze raccolte dal New York Times, avrebbe un passato senza ombre e un presente fatto della ricerca di un lavoro negli States.
Il suo nome non è mai entrato nel raggio d’azione delle autorità, e il fuoco investigativo fatica a risalire a legami con la frangia estremista islamica.
Si dice fosse, ultimamente, un assiduo frequentatore di una moschea al di là dell’Hudson, la stessa in cui in queste ore è in atto un imponente lavoro d’indagine da parte dell’antiterrorismo.
Ex autista di Uber con la green card nel portafogli
Tra i documenti del killer di Manhattan anche una green card, il permesso che consente di risiedere in modo permanente negli States. Alle 15:05 (21:05 in italia) si è lanciato contro la folla su una pista ciclabile, uccidendo sul colpo 8 persone e ferendone almeno 15 (tra cui due bambine).
Un pomeriggio di sangue e morte poco prima della storica parata di Halloween, messo a punto da un uomo che ora si scopre essere un ex autista di Uber con un passato senza macchie.
Sayfullo Habibullaevic Saipov, alla guida di un furgone noleggiato da Home Depot (New Jersey), ha concluso la sua azione omicida nei pressi del World Trade Center, abbattendo come birilli ciclisti e pedoni.
Operato nella notte per le ferite all’addome
Operato nella notte dopo il ferimento all’addome causato dal fuoco della polizia, forse potrà spiegare cosa c’è dietro quello che ha tutti i contorni di un ennesimo atto di forza da parte del sedicente Stato Islamico.
“Ho agito per l’Isis”, avrebbe scritto su un foglio ritrovato nell’immediatezza dell’arresto tra le carte in suo possesso, e per certo sono numerose le testimonianze secondo cui, appena sceso dal furgone assassino, avrebbe gridato “Allahu Akbar”.
Armato di pistole giocattolo, è probabile che avesse l’intento e la consapevolezza di essere destinato al martirio. Ma gli agenti, anzichè freddarlo, lo hanno ferito e presto sarà sottoposto ad un approfondito interrogatorio.
Il franchising del terrore: così è impossibile prevedere un attentato
Un “lupo solitario” con una forte ideologia estremista: questo è il focus descrittivo iniziale del killer di New York, secondo le autorità antiterrorismo statunitensi. Ma il fermo di un secondo uomo allarga lo spettro delle ipotesi e apre a uno scenario completamente diverso, ancora più spaventoso: sarebbe verosimile la presenza di una rete organizzata di individui atti alla produzione di attacchi su larga scala.
In realtà, però, pare che da tempo l’FBI fosse alle costole di una protocellula jihadista composta da almeno sei soggetti, cinque uzbeki e uno kazako. Resta da appurare se Saipov ne fosse parte integrante o fosse semplicemente uno dei tanti “satelliti” impazziti di Daesh.
Incontrollabile, senza una definita tracciatura perchè privo di un profilo criminale noto: così l’attentatore di Manhattan potrebbe essere uno dei tanti fighters di Isis, improvvisato dopo una fase di indottrinamento a distanza.
Saipov potrebbe, a pieno titolo, rientrare nello spettro di quel “franchising del terrore” che rende imprevedibile un attacco terroristico in Occidente, condotto con una procedura del tutto impossibile da intercettare a priori.
Terrorismo veicolare: la nuova frontiera di Isis
Lo strascico di morte, prodotto per eccellenza del terrorismo fai-da-te a marchio Isis, si allunga sempre di più. Singoli individui si aggregano ideologicamente sotto la bandiera di un unico disegno criminale che oggi ha proporzioni di carattere internazionale.
Da Nizza a New York, è solo uno il leitmotiv che risuona sinistro e fa da fil rouge tra i più spaventosi attentati portati al cuore della “infedeltà occidentale”: colpire ovunque, con ogni mezzo.
E mezzi di uso comune diventano così imprevedibili e inaspettate armi nelle mani della follia. Così è impossibile giocare alla pari. Si tratta della nuova frontiera di Isis, quel “terrorismo veicolare” che si innesta con prepotenza nel vocabolario dei giorni nostri e scolpisce le pagine più dure della cronaca mondiale.
Mukhammadzoir Kadirov, il secondo uomo sospettato della strage
E un ruolo chiave nella strage del 31 ottobre a Manhattan potrebbe averlo un altro uomo, 32enne precedentemente ricercato e ora rintracciato e fermato dalla polizia. Il suo nome è Mukhammadzoir Kadirov, e sulla sua testa pende l’ipotesi di profondi legami con l’attentato, e anche lui proviene dall’Uzbekistan.
Nella notte, intanto, Saipov ha chiesto ai poliziotti che lo piantonano in ospedale una bandiera dell’Isis, ribadendo di aver compiuto il massacro nel giorno di Halloween per mietere quante più vittime possibile.
Donald Trump: “Pena di morte per Saipov”
Non usa mezzi termini il presidente Usa, Donald Trump, che a margine dell’accaduto ha avanzato immediatamente la richiesta di “cancellare” dalle procedure di immigrazione la pratica (da sempre oggetto di dibattito) di poter acquisire una green card a mezzo lotteria.
Così aveva ottenuto il permesso permanente il killer di New York, estratto a sorte in un campione di circa 500mila persone di nazionalità appartenenti a quelle meno presenti sul suolo americano. Un “lasciapassare” che ha fornito all’uomo la possibilità di rimanere in terra Usa.
“Dovrebbe essere condannato a morte”, tuona Trump dal suo profilo Twitter, mentre si riaccendono aspre le polemiche sulle politiche di gestione degli immigrati e sulla questione integrazione/tolleranza.
Da Nizza a New York: la morte viaggia su quattro ruote
Da Nizza a New York, la morte viaggia su quattro ruote: in gran parte dei casi, si tratta di mezzi rubati o presi a nolo.
- Nizza, 14 luglio 2016: un tir a tutta velocità travolge decine di pedoni sulla Promenade des Anglais, durante la festa nazionale francese.
Alla guida del mezzo c’è il tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhlel. 86 i morti, tra cui molti bambini, e 6 italiani tra le vittime. Oltre 450 i feriti. - Berlino, 19 dicembre 2016: Anis Amri, tunisino, è alla guida del camion che piomba sulla folla di un mercatino di Natale. Un attentato spaventoso in cui muoiono 12 persone, tra cui l’italiana Fabrizia Di Lorenzo, e circa 50 rimangono ferite sull’asfalto.
- Londra, 22 marzo 2017: Khalid Masood, cittadino britannico di fede islamica, colpisce con un suv nei pressi del Parlamento inglese, investendo quante più persone possibile lungo il Westminster Bridge. 5 morti, tra cui un agente accoltellato a morte e lo stesso assalitore.
- Stoccolma, 7 aprile 2017: un camion sulla folla in pieno centro travolge i passanti in quella che è una delle vie più frequentate della zona pedonale. Il bilancio dell’attentato è di 4 vittime.
- Parigi, 19 giugno 2017: all’indomani delle legislative che vedono vincere il movimento En Marche! del neo presidente Emmanuel Macron, un 30enne di nazionalità francese si schianta deliberatamente con l’auto contro un furgone della gendarmeria, sugli Champs-Élysées. L’attentatore muore per le gravi lesioni riportate. A bordo della camionetta 8 agenti, tutti illesi.
- Barcellona, 17 agosto 2017: un furgone piomba sulla folla che passeggia sulla Rambla, ed è strage. Almeno 13 i morti e circa 80 i feriti, 15 dei quali in gravi condizioni. Al volante del veicolo killer il 22enne Younes Abouyaaqoub .
Parole di Giovanna Tedde