Bullismo e omofobia a scuola, il tema di un dodicenne: "Sono diverso, non sbagliato"

Un tema sul bullismo omofobico a scuola ha scosso le coscienze attraverso le parole di un ragazzino di 12 anni: ha preso in mano il suo dolore e la sua vita per dire al mondo di non essere uno 'sbaglio', ma di avere dentro di sé una 'diversità' che non deve far paura. Perché la cattiveria non ha età e non guarda nel cuore di nessuno.

Bullismo e omofobia a scuola, il tema di un dodicenne: “Sono diverso, non sbagliato”

Bullismo e omofobia a scuola: il tema di un dodicenne invita a riflettere sul concetto di diversità e rispetto degli altri. Uno straordinario modo di mettere nero su bianco la propria esperienza, quella di Ivan (nome di fantasia), che è stato costretto ai margini della “normalità” da alcuni coetanei. Le sue parole, riportate dal quotidiano La Repubblica, sono un monito per adulti e ragazzi sul bullismo: “Sono diverso, non sbagliato”. E con questa frase se ne va un pezzo di quelle violenze, una parte di quelle umiliazioni tollerate nel silenzio ma ormai impossibili da mettere a tacere. Perché la cattiveria non ha età, e non guarda dentro il cuore di nessuno.

Bullismo omofobico a scuola: la storia di Ivan in un tema

Il tema del bullismo omofobico a scuola è molto sentito, soprattutto da chi cerca con tutte le sue forze di scardinare i preconcetti su ciò che è giusto o sbagliato, sul perimetro di normalità entro cui ogni individuo, secondo un diffuso pregiudizio, dovrebbe sviluppare la propria identità. Ne hanno parlato a lungo filosofi, scienziati, insegnanti e genitori, ma a chiarire il concetto, una volta per tutte, ci ha pensato Ivan. Ha 12 anni e alle spalle l’esperienza di insulti e violenze subite da alcuni coetanei. Chissà quante volte si sarà trovato di fronte alla paura e all’impotenza, ma si sa, la penna è l’arma più potente nelle mani dell’intelligenza. Così ha colto la palla al balzo nel tracciare il suo percorso in un tema, svolto in aula nel compito assegnato dalla professoressa e intitolato “Inventa un racconto in cui sono presenti i seguenti personaggi: una vittima, un gruppo di ragazzi prepotenti, degli spettatori, un adulto. Scegli un finale che preveda uno scioglimento positivo o una soluzione negativa”. E Ivan ha aperto gli occhi di tanti sul suo dramma interiore.

Il tema di Ivan: “Sono diverso, non sono sbagliato”

Botte e insulti gli sono sempre stati compagni, ma Ivan non poteva più tenere per sé tutto quel dolore. E’ un ragazzino poco incline alle attività “da maschi”, quelle che per i suoi vicini di banco avrebbe dovuto amare, come un uomo che si rispetti. “Alcune persone all’apparenza stanno bene, ma muoiono dentro”: inizia in questo modo il tema di Ivan, e da quel momento niente sarà più come prima.
“Io sono Ivan e ho dodici anni. Vivo in una cittadina del Centro Italia, in una famiglia modesta, ma senza amici. Fin da quando ero all’asilo non ho mai amato i giochi da maschio: calcio, carte, giochi elettronici… A me non sono mai interessati. Preferivo stare con le femmine, più interessanti, a mio parere. Ero diverso, non sbagliato”.
Con queste parole nude e asciutte nella loro fedele riproduzione della violenza che nasce dall’omofobia, Ivan ripercorre la sua vita dall’asilo ai giorni nostri, soffermandosi sul periodo delle elementari: “Poi arrivo alle elementari, un’occasione di riscatto, lasciando il passato alle spalle. La prima cosa che i compagni notano di me è la mia voce, acuta, squillante, diversa da quella degli altri maschi. Conoscevo qualcuno, ma erano proprio quelli che mi guardavano con più disprezzo. Ero solo, di nuovo“.

Il dramma nel racconto di Ivan: dal bullismo omofobico all’autolesionismo

Ivan racconta e si racconta, in quella storia di fantasia che, riga dopo riga, diventa il ritratto della sua identità sepolta, annientata, maltrattata. Dopo annegamenti e risalite in quell’abisso di discriminazioni, Ivan crolla definitivamente nel vortice dell’autolesionismo. Va alle medie, verso la barbara esecuzione del suo io: “Ma cosa sei? Una femminuccia?!?”, gli gridano alcuni compagni durante l’ora di ginnastica, quando lui, disinteressato allo sport, si cimenta in alcune prove fisiche. “Tutti ridono, mi indicano come se fossi un fenomeno da baraccone. Ero a pezzi. ‘Omosessuale’, ‘trans’, ormai era così che mi chiamavano. Inizio con l’autolesionismo, una droga potentissima di cui non puoi più fare a meno. Mi chiedo come sarebbe bere quel bicchiere di candeggina sopra la lavatrice”.

Dagli insulti alla violenza fisica

Ivan sprofonda nella descrizione della violenza fisica subita, parte integrante di quella sorta di vademecum virtuale “bullismo omofobico: conoscerlo per combatterlo“, di cui, inconsapevolmente, è proprio lui l’autore.
“Un giorno vado al mare con Domenico e Francesco. Vedo in lontananza Alfredo, Saverio e Livio con cui avevo chiuso i rapporti. Si avvicinano e mi spingono a terra, sento un calcio, poi un altro ancora, iniziano a picchiarmi. Vedo Francesco e Domenico dietro di me, pietrificati, non reagiscono semplicemente perché non vogliono vedere. Mi lasciano a terra senza nemmeno la forza di piangere. Torno a casa e mi chiudo in camera. Accendo il telefono ‘Cento nuovi messaggi dal gruppo antIvan’. Il gruppo l’aveva creato Alfredo, c’era tutta la scuola. Leggo solo insulti, nessuno mi difende. ‘Ivan’ chissà se ricorderanno questo nome, una volta che non ci sarò più. Apro la finestra e mi lascio andare. È finita, finalmente in pace. Sono diverso, non sbagliato“.

Il tema del dodicenne contro i bulli

La professoressa ha chiesto di leggere il tema in classe e Ivan ha accettato, ricevendo un sonoro e sentito applauso dai compagni di classe a conclusione del suo racconto. Preso in giro per la sua voce “acuta” e i suoi interessi diversi da quelli di altri ragazzini come lui, e ora finalmente è emerso dalla triste realtà di vittima dei bulli. E la classe ha voluto realizzare un video contro il bullismo che parla di un ragazzo deriso perché ritenuto “effeminato”, a cui ha preso parte anche il dodicenne.

Bullismo e omofobia in Italia

La storia portata alla luce da Ivan non è diversa da quella di tante altre vittime del bullismo omofobico in Italia. Si tratta di un problema difficile da arginare senza una corretta informazione e senza il supporto di testimonianze dirette come questa, capaci di aprire le porte di un mondo che tanti, troppi non vogliono vedere. Così un ragazzino dai modi gentili viene facilmente additato come “femminuccia”, innescando un meccanismo autodistruttivo che spesso è difficile intravedere.
I dati sul fenomeno dell’omofobia in Italia fotografano un incremento di episodi discriminatori e violenti che sfociano spesso in ricadute autolesionistiche come quelle descritte dal dodicenne.

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Il 17 maggio scorso si è celebrata la Giornata mondiale contro l’omofobia, che ricorda la storica decisione con cui l’OMS ha cancellato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Una conquista che troppe volte rimane fossilizzata su carta, se si pensa che in Italia la legge in materia è al palo dal 2013 in Parlamento. Ormai non si può più attendere: l’aumento di baby gang che bullizzano i coetanei ritenuti “effeminati” o di diverso orientamento sessuale con violenze fisiche e verbali è un’emergenza che non può segnare il passo in un contesto che si veste di modernità ed emancipazione.

Parole di Giovanna Tedde