La body neutrality: amare il proprio corpo a prescindere dall'estetica

Ripensare al corpo non in un'ottica di bellezza ma di benessere: ecco come nasce la body neutrality teorizzata da Anne Poirier

La body neutrality: amare il proprio corpo a prescindere dall’estetica

Foto Unplash | Alexander Krivitskiy

Amarsi, accettarsi indipendentemente dall’aspetto estetico del nostro corpo: ecco spiegata la body neutrality. Il concetto è stato introdotto da Anne Poirier, una motivatrice e life coach americana che ha impiegato gli ultimi cinque anni della sua vita a mettere a punto un programma di accettazione per le sue clienti e tenendo workshop in giro per gli States.

La differenza con la body positivity

Si parla molto della body positivity e di certo è un’idea lodevole, che ci invita a non pensare la bellezza in maniera univoca e stereotipata, bensì saperla cogliere in tutti i corpi di qualunque età, colore e taglia. Ma anche in questo caso, il metro di paragone rimane la bellezza, il che è un limite.

Poirier vuole spostare il discorso su un altro piano, quello della consapevolezza e dell’amore per se stessi al di là dell’estetica. Sicuramente una sfida visto che la nostra mente è programmata per giudicare noi stessi e gli altri da questo punto di vista in primis.

È sano? Mi fa stare bene? Sono queste le domande da porci quando pensiamo al nostro corpo, non se siamo belli, abbastanza alti, abbastanza magri. Accettare la body neutrality è innanzati tutto un modo per trovare la felicità.

Perché è nata la body neutrality

Un bisogno più profondo di comprensione di noi stessi, un’accettazione reale e non solo in potenza, una riappropriazione della propria forza e delle proprie capacità: così Anne Poirier ha teorizzato la body neutrality. Bello o brutto che sia, il nostro corpo ci permette di fare delle cose, di compiere azioni che ci fanno stare bene ed è questo ciò che conta.

La neutralità di cui si parla fa riferimento al come ci si pone guardandoci. Ovvio, la fisicità non può essere totalmente esclusa, esiste eccome, ma non deve essere un termine unico di giudizio, che come abbiamo notato, può portare ad odiarci senza nemmeno troppo sforzo.

Secondo Poirier, bisogna innescare un circolo virtuoso: se impariamo a volerci bene, inizieremo anche a trattarci meglio, portandoci a un livello di consapevolezza più alto, che ha come meta finale il raggiungimento dell’equilibrio.

Questo ovviamente è un discorso che la motivatrice estende a tutte le persone al di là del genere. Siamo tutti costantemente sottoposti a uno screening estetico, uomini e donne: proviamo a cambiare prospettiva per il nostro benessere, a chiederci cosa ci piace delle persone alle quali vogliamo bene, e scopriremo che il lato estetico è l’ultima delle cose che osserviamo.

Body positivity: solo marketing?

Sempre più marchi cavalcano l’onda del body positive: se in maniera sincera o meno non è dato saperlo. D’altronde il marketing è la più camaleontica delle discipline, che per continuare a essere efficace deve sapersi adattare anche ai cambiamenti culturali. La moda e la cosmetica scelgono sempre più modelle e modelli fino a qualche tempo fa considerati esteticamente inammissibili, ricostruendo un sistema estetico che si fa portatore di messaggi sociali: ma il loro fine rimane vendere.

Come sempre, bisogna mantenere uno spirito critico e saper distinguere forma e contenuto. Per un attimo, isoliamo il primo e concentriamoci sul secondo: migliorare chi siamo è più importante dell’essere belli.

Parole di Alanews