Anoressia nei bambini: i sintomi per distinguerla dall'inappetenza

L'anoressia è un problema che si manifesta già nei bambini? Di sicuro l'origine e i primi sintomi vanno riscontrati già in età pediatrica e quindi possono essere prevenuti.

Anoressia nei bambini: i sintomi per distinguerla dall’inappetenza

L’anoressia si manifesta già nei bambini? Se sì, con quali sintomi? Agli occhi di una mamma, il proprio figlio non mangia mai abbastanza, ma qual è la linea di confine tra la semplice inappetenza passeggera e un reale disturbo alimentare? Per indagare al meglio questo tema, abbiamo intervistato la Dott.ssa Aurora Mastroleo, psicoterapeuta e vice presidente dell’Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus, che ci ha fornito preziosi consigli utili per garantire la salute dei nostri bimbi a tavola.

E’ possibile individuare i sintomi dell’anoressia già nei bambini?

“Appare evidente come i sintomi e le manifestazioni legate ad una difficile e faticosa relazione con il cibo e l’atto alimentare siamo presenti già in età pediatrica. All’interno del consultorio dell’Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus incontriamo quotidianamente genitori preoccupati rispetto al rifiuto o alla forte selettività con cui il bambino, anche molto piccolo, si accosta anche al momento dell’allattamento e, per i bambini più grandi, del pasto.”

Quando dovrebbe allarmarci l’inappetenza?

“In età pediatrica è importante distinguere tra disagi alimentari e disturbi alimentari. Per disagi alimentari si intendono quadri transitori di malessere del bambino con l’ambiente familiare, che invece di esprimersi con il pianto o con le parole implicano l’utilizzo del cibo e dell’atto nutritivo per dire, per protestare, per rifiutare. Si tratta di “campanelli di allarme” in quanto, attraverso le bizzarie alimentari, tra cui possiamo includere le inappetenze, i rigurgiti, la selettività della scelta dei cibi, il bambino prova a lanciare un messaggio rispetto alla sua sofferenza. Tali messaggi è bene che vengano visti e raccolti dall’ambiente di cura del bambino, poiché è possibile che senza un’adeguata attenzione tali disordini possano cristallizzarsi e trasformarsi in quadri più seri, dove il rifiuto, l’opposizione o la ricerca del cibo durano più tempo e sono caratterizzati da una maggiore determinazione e ostinazione. Ci riferiamo ai quadri di anoressia, bulimia e obesità che evidenziano spesso un malessere del bambino che coinvolge anche altri settori e funzioni (sonno, condotte evacuatorie, relazioni con gli altri, gioco, rapporto con la scuola).”

Come si deve comportare un genitore nei confronti di un bambino inappetente?

“In linea generale, pur nella necessità educativa di mettere ordine nella quotidianità dei bambini, è preferibile che i genitori non facciano delle pratiche inerenti il corpo e i suoi bisogni un possibile terreno di scontri, ma anzi adottino con i figli un atteggiamento rispettoso di ciò che il corpo del bambino costituisce fin dall’origine: il luogo di un incontro d’amore e di una relazione. Non esiste una regola per relazionarsi con i propri figli, i genitori perfetti non esistono. Esistono genitori “normalmente devoti” che si interrogano sui bisogni del proprio bambino e cercano di darsi una risposta, genitori cioè che sappiano capire e rispettare il loro bambino ed accettare l’idea che il loro bambino può anche sopravvivere con poco cibo, ma che non lo può fare senza il loro amore.

Non esistono parole magiche o generalizzabili, perché i sintomi dei bambini riguardano la specificità della famiglia e di ciascuno dei componenti nella sua singolarità. L’unico aspetto su cui è possibile dare un consiglio è: l’insistenza genera resistenza! Spesso il “no” del bambino davanti al piatto è direttamente proporzionale all’insistenza degli adulti sul cibo. Ridimensionando il braccio di ferro a tavola è a volte possibile che l’atmosfera familiare trovi un sollievo e così il momento dei pasti divenga meno teso e il conflitto meno forte. Proprio perché non esistono regole e parole magiche, è sempre necessario rivolgersi a delle figure specialistiche (pediatra, psicologo) per valutare insieme la strategia più adatta a risolvere il problema del vostro bambino.”

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