Alda Merini nel ricordo di Lorenzo Maria Bottari: "Il Nobel l'ha ricevuto dalla gente"

In occasione del compleanno della poetessa Alda Merini abbiamo intervistato Lorenzo Maria Bottari, pittore e amico della poetessa, che ci racconta le fragilità, la simpatia, l'ironia e la vera forza di una delle artiste più apprezzate dal grande pubblico.

Alda Merini nel ricordo di Lorenzo Maria Bottari: “Il Nobel l’ha ricevuto dalla gente”

“Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta”, si racconta così, in una delle sue opere più famose Alda Merini, la poetessa dei Navigli, che oggi avrebbe compiuto 85 anni, ma che rivive ogni giorno nei ricordi di chi l’ha conosciuta: poeti, artisti, gente comune, tutti coinvolti dai versi carichi di pathos di una donna speciale, alla quale la vita non ha risparmiato anche grandi sofferenze. Ne abbiamo parlato con Lorenzo Maria Bottari, un pittore, amico della poetessa milanese, e con Bruna Colacicco e Ave Comin, della Casa delle Arti – Spazio Alda Merini, dove rivive il suo spirito anche grazie a una riproduzione della sua camera da letto e del famoso ‘muro degli angeli’ dove scriveva i numeri delle persone care. L’associazione culturale ha indetto un bando per un concorso di poesia che verrà presentato proprio oggi in via Magolfa 32.

Lorenzo Maria Bottari è un pittore siciliano, a Milano da molti anni, che ha conosciuto direttamente Alda Merini quando era a capo dell’associazione culturale Multiart: “Mi fu presentata dal precedente presidente, Nicola Tedesco, come una grande poetessa. Se devo essere sincero inizialmente ero un po’ restio ad aprirmi ma poi, con la sua ironia, il suo modo di fare mi conquistò e diventammo amici”. La fragilità della poetessa venne subito colta dall’artista palermitano: “Alda era una donna che aveva bisogno d’affetto, lei era la vera poetessa dell’amore”. Oltre ai momenti di vita quotidiana, Bottari ha condiviso con lei anche l’arte, e gli venne dedicata una poesia, dove veniva definito ‘un poeta angelico che non perde mai la sua carnalità’.
Le ha mai spiegato il motivo di questa definizione? “No, semplicemente Alda s’innamorava spesso di tutti gli uomini che aveva avuto la fortuna di scegliere, che le si avvicinavano, che le erano simpatici”. Nel 2015 vennero esposte, sempre nella Casa delle Arti – Spazio Alda Merini, diverse opere di Lorenzo Maria Bottari che omaggiavano la poetessa del Naviglio. Pitture su tela, ceramica, vetro legno e grafiche per ricordare il valore non solo dell’artista ma anche umano che li legava.
Quale eredità artistica ha lasciato dietro di sé? “Secondo me Alda Merini ha riaperto il discorso sulla poesia, che aveva perso forse la sua capacità di comunicare a tutti. Ad esempio con l’ermetismo di Quasimodo, di Ungaretti, di Montale, per carità, dei grandi, parliamo di premi Nobel, ma lei diceva “a me il Nobel l’ha dato la gente” e non è poco”.

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Una delle caratteristiche fondamentali che traspare quando si entra in contatto con chi ha conosciuto direttamente Alda è la sua generosità: “Era una donna molto generosa, anche nella poesia – ci racconta Bruna Colacicco, presidente dello Spazio Alda Merini – Non era attaccata alle cose, al denaro, a nulla, nemmeno alle sue poesie, come se non avesse quasi il senso della proprietà. Pare che telefonasse ai suoi amici e dettasse al telefono dei versi, che diventavano automaticamente un regalo”. Non sono solo leggende quelle intorno alla sua voglia di aiutare il prossimo: “Quando poteva aiutava sempre le persone in difficoltà – dichiara Ave Comin dello Spazio Alda Merini – è diventata famosa la storia di Titano, un clochard di queste zone, che venne accolto in casa sua e che quando le disse ‘io sono una persona difficile è pericoloso vivere con me’ lei rispose ‘anche la vita con me è molto difficile, so difendermi molto bene'”. Ci sono oggi delle forme d’arte che potrebbero avvicinarsi a questo concetto di generosità della poetessa del Naviglio? “Possiamo pensare alla poesia a strappo: le poesie vengono appese e poi la gente può strapparla e portarla a casa, ma non dimentichiamoci delle performance, dove gli artisti regalano al pubblico la propria arte in un momento unico”.

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Sono diventate molto famose le opere che riguardano la sua esperienza manicomiale, com’è partita la sua permanenza in questi centri?: “È arrivata in manicomio per combinazione, senza un motivo ben preciso, e ci ha passato più di dieci anni della sua vita. Non era obbligata ma spesso quando usciva si rendeva conto che il mondo esterno ormai non le apparteneva più e quindi decideva di tornare” commenta Ave Comin. Sulla sua vita “in mezzo ai matti” lei stessa disse “i dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita”, forse è proprio questa una delle grandi eredità di Alda Merini, quella di aver messo in discussione il nostro concetto di normalità: “Lei giocava anche molto sulla follia – continua Comin – diceva sono una folle allora mi comporto da folle, vado a letto con le scarpe, tanto lei non si sentiva per niente così, i folli erano gli altri”. Non dobbiamo dimenticarci però di un lato sempre molto presente in lei, in molte poesie ma che traspare anche nei racconti di vita quotidiana, ovvero la sua ironia e la sua gioia. È Lorenzo Maria Bottari a raccontarci un piccolo aneddoto che può dare l’idea del suo modo di approcciarsi alla vita: “Un giorno a casa sua mi ero preoccupato per via di alcune cicche di sigarette anche in mezzo ai libri, avevo paura bruciasse tutto. Per rendermi utile ho deciso di mettere a posto, anche se lei diceva che in casa sua non era bruciato mai niente. A un certo punto, trovo una fotografia che lei voleva buttare, io invece le chiedo di mettere una dedica e regalarmela. Sai a quel punto cosa scrisse? ‘A Lorenzo, lo spazzino’ “.

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