Adozioni per single e coppie di fatto: quando l'amore vince

Adozioni per single e coppie di fatto: quando l’amore vince

Foto Shutterstock | Fizkes

Si può essere genitori senza alcun legame biologico con il bimbo, e il bimbo può essere figlio senza essere stato concepito da chi lo cresce. Si può essere genitori anche senza un matrimonio formalmente registrato, ma anche senza avere un compagno al proprio fianco. Perché l’amore materno e paterno non hanno legami di coppia a farne da fondamento legittimante. Semplicemente esistono, e bastano a se stessi per poter dare a un’altra vita la gioia e il calore di una famiglia. Non è un cliché ma una verità dietro la quale si nasconde una delle più grandi e belle rivoluzioni che in Italia si potessero mai avere, cioè la possibilità di adozione estesa anche ai single e alle coppie di fatto. Ad aprire la strada a questa svolta di straordinaria importanza è stata la Cassazione, nel giugno 2019, con una ordinanza che sa di storia.

Single e coppie di fatto possono adottare un bambino, perché ciò che rileva è la qualità del legame che si è creato tra il piccolo e chi se ne è occupato. È questo l’orientamento di fondo dietro l’ordinanza storica della Cassazione, la 17100/2019, con cui la Suprema Corte ha stabilito un’apertura sostanziale alle maglie fin troppo stringenti in tema di adozioni, spazzando via il retaggio di anacronistici vincoli e requisiti soggettivi imposti all’adottante dagli articoli 6 e 7 della legge 184/1983.

Via libera, dunque, alle adozioni per chi non ha un partner e per chi non è sposato, ma anche per chi è in età avanzata e per persone diversamente abili. Così ha stabilito la prima sezione civile della Corte di Cassazione, e si tratta di una grande rivoluzione.

Il caso che ha portato alla pronuncia in Cassazione

L’ordinanza 17100/2019 della Cassazione, pubblicata il 26 giugno dello stesso anno, ha spianato la strada alla possibilità di adozione anche a single e coppie di fatto. Anche chi è in età avanzata può essere ammesso allo spettro della formula di ‘adozione speciale’, e questo vale anche per i bimbi affetti da disabilità.

È una decisione dal sapore storico e rivoluzionario, giunta su un caso che ha visto protagonisti un minore di pochi mesi – affetto da tetraparesi spastica e abbandonato dopo la nascita -, il suo adottante e i genitori biologici che avevano fatto ricorso contro la conferma dell’adozione stabilita dalla Corte d’appello.

Uno dei motivi di quest’ultima azione di impugnazione dell’adozione, portati davanti alla Corte dalla coppia, era il gap anagrafico tra la donna che si era presa cura del piccolo e lo stesso. E c’era anche quello del suo essere single. Ma lei, 62 anni e una carriera di infermiera alle spalle, aveva dimostrato tutte le capacità di provvedere al minore, dandogli tutto l’amore e le attenzioni di cui aveva bisogno.

Ed è per questo che, vagliata la sussistenza di un solido e autentico legame d’affetto tra adottante e adottato, la Cassazione ha deciso di rigettare la posizione dei ricorrenti (già ritenuti inadatti a prendersi cura del figlio con perizia finita sul tavolo del Tribunale per i Minorenni).

L’amore vince, oltre le formalità

Il caso in questione insegna che l’amore vince, dunque, anche davanti alle formalità che la civiltà si è costruita intorno. Perché essere civili è anzitutto riconoscere che, domani, questo posto sarà dei nostri figli ed essi, per poter crescere e sviluppare la propria identità, hanno bisogno d’amore. E questo sentimento non si eredita, non è esclusiva di un legame di sangue e non è nemmeno questione discutibile.

Proprio nell’alveo di questo orientamento cosciente e attento, la Cassazione ha ha affermato che l’adozione “in casi particolari” è volta a preservare la priorità di una continuità affettiva tra adottante e adottando.

Questo ammette così che siano anche persone sole o coppie di fatto ad avere diritto di adottare un minore, previo accertamento di tutte le condizioni di legge e di quello che è il reale interesse del piccolo (anche nei casi in cui sia affetto da disabilità).

Così accade che la bellissima storia di Luca e della figlia Alba sia una magia che può sognare di uscire dal tunnel dell’eccezione, e trasformarsi in una buona regola che punta alla tutela del benessere dei bambini. Lui, 42enne, single e omosessuale, è il primo in Italia ad aver iniziato il suo percorso di padre attraverso il registro per gli affidi a un solo genitore.

Lei, bimba straordinaria e dolcissima, affetta dalla sindrome di Down, non era stata riconosciuta dalla mamma e, dopo essere stata lasciata in ospedale e poi rifiutata da diverse famiglie in lista d’attesa per un’adozione, ha trovato la sua casa. E questa casa si chiama soltanto ‘papà’, ma basta ad entrambi perché sia famiglia.

Parole di Giovanna Tedde