Mamma in congedo per assistere il figlio disabile, licenziata dall'azienda a Mantova

Il bambino ha 3 anni, e a causa della Sma, atrofia muscolare spinale, ha necessità di assistenza continua. La donna usufruiva del congedo al 30% dello stipendio, la cui scadenza era fissata per il prossimo marzo, nel 2018. Il licenziamento, subentrato come fulmine a ciel sereno, è ora oggetto della causa in tribunale per ottenere il reintegro.

Mamma in congedo per assistere il figlio disabile, licenziata dall’azienda a Mantova

In congedo per assistere il figlio disabile, ma licenziata dall’azienda: è accaduto ad una mamma a Mantova, che dopo la maternità aveva chiesto e ottenuto 3 anni di congedo al 30% dello stipendio. Quest’ultimo si sarebbe dovuto concludere nel marzo 2018, ma il licenziamento è subentrato prima. La donna comparirà in tribunale, il prossimo 13 dicembre, nella causa per ottenere il reintegro.

Il figlio è gravemente disabile: aveva ottenuto 3 anni di congedo

Subito dopo la maternità, la donna aveva chiesto (e ottenuto) il congedo per i 3 anni successivi, al 30% dello stipendio. Suo figlio è gravemente disabile, affetto da Sma (atrofia muscolare spinale) e per questo necessita di continua assistenza.
Vive, infatti, collegato ai macchinari, che lo aiutano nella respirazione e nelle principali funzioni vitali. Una storia davvero difficile per il piccolo, ma anche per i suoi genitori. Il padre è disoccupato, e sembra che l’unica fonte di reddito per la famiglia fosse proprio il lavoro della mamma.

La donna andrà in tribunale, assistita dai legali Uil

A mobilitarsi intorno alla vicenda, che ricorda in parte quella della mamma licenziata da Ikea a Milano, sono i legali della Uil. Fissata per il prossimo 13 dicembre l’udienza davanti al giudice del lavoro, attraverso cui si tenterà il reintegro.
La protagonista è una mamma di 33 anni che da 10 era assunta in una azienda milanese, dal 2013 con contratto a tempo indeterminato.

L’azienda le avrebbe già dato problemi durante la gravidanza

Stando alle prime ricostruzioni, ancora tutte da confermare, la 33enne avrebbe già avuto attriti con l’azienda durante la sua gravidanza. Secondo quanto sostenuto dalla donna, le sarebbe stato chiesto di posticipare il congedo obbligatorio, ottenuto soltanto grazie all’esibizione di una certificazione medica attestante la gravidanza a rischio.
Dopo i 5 mesi di maternità, la donna avrebbe chiesto di usufruire, come da legge, di un congedo di ulteriori 3 anni, al 30% dello stipendio su un importo netto di 800 euro mensili. La formula di legge che permette questo tipo di standby lavorativo è quella del congedo parentale per figli con grave disabilità.

Il licenziamento prima della scadenza del congedo

Pomo della discordia è il licenziamento della donna, subentrato prima del termine del congedo (che scadrebbe a marzo 2018). Nel giugno scorso, alla donna sarebbe arrivata una email contenente la richiesta di restituzione del materiale utilizzato per la sua mansione, ribadendo quanto sarebbe già stato scritto in una lettera di licenziamento del 19 maggio 2017.
Lettera che alla donna, secondo quanto da lei dichiarato, non sarebbe mai stata recapitata. Anche su questo aspetto insisterà il lavoro dei lagali.

Parole di Giovanna Tedde