Licenziata perché troppo bella: la denuncia di una giovane londinese

Emma Hulse, 24enne londinese, denuncia la discriminazione che ha subito sul luogo di lavoro: cameraman e assistente alla produzione, ha raccontato di essere stata rispedita a casa dopo pochi minuti di lavoro perché considerata troppo bella. Un tema sempre attuale: tempo fa sembrava che Trump volesse imporre un dress code alle donne lavoratrici per essere più femminili, più piacenti.

Licenziata perché troppo bella: la denuncia di una giovane londinese

Foto: Instagram

Si chiama Emma Hulse, ha 24 anni ed è una bellissima ragazza. La giovane londinese fino a poco tempo fa era impiegata come runner freelance per una società di produzioni televisive, ma la stessa azienda l’avrebbe licenziata perché troppo bella. Stando al racconto della giovane, infatti, la ragazza si è presentata sul set della compagnia Unit Tv per lavorare, ma è stata mandata via dopo pochi minuti dal suo capo. Incredula è andata a chiedere spiegazioni al responsabile, il quale le avrebbe risposto che “con il suo fisico avrebbe dovuto lavorare in passerella e non dietro l’obiettivo”.
Per rincarare la dose di sessismo e discriminazione che vivono le donne nell’ambiente lavorativo, il manager, prima di licenziarla, le avrebbe anche chiesto il numero di telefono invitandola a uscire per un drink.
La bellezza per una donna sembra che sul luogo di lavoro sia un’arma a doppio taglio: mentre Emma sembrava essere troppo bella per lavorare, altre aziende impongono alle dipendenti un “dress code“, un abbigliamento seducente e femminile, rischio licenziamento. Sempre a Londra tempo fa una segretaria venne sospesa dal lavoro perché insisteva per portare scarpe basse.

La risposta dell’azienda

Non si è fatta attendere la risposta dell’azienda accusata di discriminazione e che Emma ha reso pubblica raccontando al quotidiano inglese Mirror.
“La persona che ha fatto le presunte osservazioni è stata allontanata alcune settimane fa dopo un periodo di prova, ed è stato con l’azienda per meno di tre mesi” ha spiegato il proprietario della Unit Tv Adam Luckwell. Quindi secondo l’azienda non si è trattato di discriminazione, ma di motivi professionali.

Emma Hulse-instagram
Chiude la questione con un lapidario: “se la signorina Hulse ha subito qualunque disagio a causa di un membro della nostra azienda, ce ne scusiamo”.

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Ma la giovane insiste ed è convinta di essere stata discriminata e quasi si giustifica per la sua avvenenza: “mi ero messa il rossetto, indossavo una maglietta e dei jeans. Dal mio punto di vista non ero per nulla inappropriata” sostiene Emma.
La discriminazione per le donne sul luogo di lavoro tocca purtroppo più fronti: dall’aspetto fisico alla retribuzione. Un tema che è sempre attuale: migliaia di donne giorni fa hanno dato vita all’hashtag #DressLikeAWoman in risposta all’intenzione di Trump di creare un nuovo dress-code per le donne lavoratrici. Tra le foto postate sul social, c’erano anche celebri donne in carriera come Eleanor Roosevelt e Malala Yousafzai e ad alcune italiane illustri, tra le quali l’astronauta Samantha Cristoforetti e Fabiola Gianotti, direttrice del Cern di Ginevra.

Parole di Lavinia Sarchi