L'identità femminile nelle performance di Vanessa Beecroft [FOTO]

L’identità femminile nelle performance di Vanessa Beecroft [FOTO]

Vanessa Beecrof e le sue performance hanno fatto il giro del mondo; un’artista estroversa, che ha focalizzato la propria attenzione esplorando l’intimità ed il corpo femminile, fino ad arrivare al cuore dell’anima umana.

L’esordio di Vanessa

Le prime opere di Vanessa risalgono al 1993, anno in cui l’artista realizzò un connubio perfetto tra il video e la performance, quello che attualmente verrebbe definito come video arte.
Oggi la Beecrof è una delle artiste più importanti al mondo e possiamo ammirare la maggior parte delle sue creazioni raccolte nel volume intitolato “Vanessa Beecroft. Performances 1993-2003”.
Il suo originale linguaggio espressivo, si manifesta attraverso le sue opere, che sono indicate con una numerazione progressiva, in quanto per Vanessa il loro insieme costituisce un lavoro univoco.
Soggetto delle sue performance sono quasi esclusivamente donne; all’inizio della sua carriera erano addirittura amiche, conoscenti o ragazze reclutate per strada, che prestavano il proprio corpo per le interpretazione di Vanessa. Le modelle sono scelte in base alla loro somiglianza con diverse tipologie di donna che Vanessa vuole indagare, e sottolineare, come la donna oggetto, le ossessioni alimentari o della perfezione.

Originali luoghi di messa in scena

Corpi femminili nudi che mettono in scena dei complessi tableaux vivants, attraverso delle vere e proprie coreografie ideate dall’artista.
Caratterizzanti per ogni opera, sono anche i luoghi di espressione in cui si manifestano queste performance, come l’Aeroporto JFK di New York, l’Istituto di Arte Contemporanea di Boston, la Gagosian Gallery di Londra o il Palazzo Ducale di Genova.
Una delle sue opere più suggestive è quella messa in scena presso il mercato ittico di Napoli, e intitolata VB66; all’interno dello spazio espositivo, la Beecroft ha collocato cinquanta modelle, dipinte di nero e disposte su un grande palcoscenico costituito dai tavoli del mercato sui quali viene solitamente esposto il pesce.

Il richiamo all’iconosgrafia classica

Il riferimento iconografico si rivolge all’eruzione del Vesuvio del 1979, che distrusse le città di Pompei e Ercolano.
Le modelle in posa rappresentano i corpi distesi al suolo e carbonizzati degli abitanti delle città, a significarne l’immortalità ultraterrena data dalla lava incandescente del vulcano.
Si tratta di vere e proprie sculture viventi, come quelle che hanno animato anche la performance VB62 realizzata per l’inaugurazione de Lo Spasimo a Palermo, in cui Vanessa mette in posa 27 donne dipinte di bianco mescolate a 13 statue in gesso;
modelle che incarnano statue di corpi femminili che rimandano alle opere dell’età classica della Grecia antica, ma ancor di più vogliono essere un richiamo alla scultura siciliana barocca dell’artista Giacomo Serpotta.
Una composizione geometrica che indaga l’identità femminile nell’arte e nella vita attraverso il corpo.

Rappresentazioni di forte impatto emotivo

Vanessa ha scioccato il mondo con le sue opere, come quando scandalizzò il pubblico presente alla National Gallery di Berlino nel 2005, che vide una performance (VB54), composta da donne dipinte interamente di nero con le manette ai piedi; ma Vanessa non si è scoraggiata, anzi, nel tempo ha continuato ad osare attraverso le sue rappresentazioni psicologiche ed introspettive, che analizzano ed esprimono dettagliatamente non solo aspetti dell’universo femminile, ma anche della sua storia più intima e personale come quello legato all’anoressia e all’ossessione per il cibo, che ella stessa definisce in un intervista “…era una malattia che doveva essere espressa, forse per purificarmi…”, e l’ha fatto attraverso l’opera intitolata VB52.

Parole di Greta Capelli