'Io non voglio andare via', la campagna d'emergenza per la Siria di Ai.Bi

La situazione in Siria è attualmente drammatica. Milioni sono i bambini che muoiono di fame e le famiglie che non riescono a garantire loro un pasto decente. Ai. Bi con la sua raccolta fondi ha costruito di recente un forno in Siria dando a tutti il libero accesso al pane. Adotta un bambino a distanza bastano 25 euro al mese.

‘Io non voglio andare via’, la campagna d’emergenza per la Siria di Ai.Bi

Troppo spesso, presi dalla sicuramente grave situazione in cui ci troviamo, tendiamo a dimenticarci di chi è stato, ed è, più sfortunato di noi. Attualmente la situazione in paesi come la Siria è davvero drammatica. Milioni sono le persone che non hanno accesso all’assistenza sanitaria, ad una casa, perfino il pane è diventato un alimento “di lusso”. Abbiamo intervistato Luigi Mariani, country cordinator di Ai.Bi una ong che da trent’anni di occupa dell’infanzia abbandonata.
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Com’è la situazione in Siria attualmente?

In Siria si sta consumando un dramma senza eguali, nella quasi totale indifferenza del mondo; eppure, secondo le Nazioni Unite, si tratta della “più grande emergenza umanitaria della nostra era”. In base ai dati forniti da OCHA, l’Ufficio ONU per gli affari umanitari, sono 12.2 milioni le persone bisognose di assistenza umanitaria, 3.8 milioni quelle rifugiate nei paesi vicini, mentre gli sfollati interni ammontano a 7.6 milioni.

In altre parole, quasi la metà della popolazione è stata costretta ad abbandonare le proprie case a causa degli scontri e dei bombardamenti, che non risparmiano neanche ospedali e scuole: anche per questa ragione, il sistema medico-sanitario è stato gravemente compromesso, così come quello educativo, specie nelle zone al di fuori del controllo governativo. L’economia è quasi del tutto collassata, riportando il paese indietro di 30 anni. Si parla – e sono stime prudenziali – di oltre 200.000 vittime causate dal conflitto, almeno 11.000 delle quali sono bambini. E sono proprio i bambini i più vulnerabili, quelli che soffrono maggiormente le conseguenze di questa guerra atroce: l’UNICEF stima che siano almeno 5.6 milioni i minori colpiti dal conflitto all’interno della Siria, sfollati, costretti a vivere in miseria ed esposti a pericoli e violenze di ogni genere. Basti pensare che i bambini, in Siria, non possono giocare per strada o all’aperto, perché potrebbero rimanere uccisi, feriti, mutilati per le conseguenze di un attacco missilistico o di un colpo di mortaio, o addirittura essere presi di mira dal fuoco dei cecchini, che non risparmiano neanche loro. Non se la cavano di certo meglio i quasi 2 milioni di minori che hanno trovato rifugio nei paesi confinanti, che pure si trovano ad affrontare problemi di natura economica, psicologica e sociale non indifferenti.

Perché proprio un forno? Quanto è importante e cosa rappresenta ora un forno in un Paese come quello?
Sin dall’avvio delle nostre attività di assistenza umanitaria nel nord della Siria ci è stata segnalata come priorità dai nostri partner in loco, l’associazione Syrian Children Relief, l’impossibilità, per molte famiglie, di acquistare il pane, che è notoriamente un prodotto alla base della cucina e della dieta siriana. La forte inflazione causata dalla guerra, infatti, ha spinto negli ultimi anni i prezzi degli alimenti a triplicare, un fenomeno che non ha risparmiato – appunto – nemmeno il pane: dall’inizio del conflitto, sono migliaia i panifici in tutto il paese che hanno dovuto chiudere, per la mancata consegna della farina o per i danneggiamenti subiti. Grazie ad alcuni importanti finanziamenti ricevuti lo scorso anno, siamo riusciti ad attivare, tra dicembre e gennaio, nella cittadina di Binnish, un forno che produce e distribuisce fino a due tonnellate di pane al giorno a circa 800 famiglie individuate come le più povere e vulnerabili della zona. Per capire quanto sia importante questa attività, basti considerare la crisi che ha colpito di recente proprio la provincia di Idlib. Dall’inizio di febbraio, infatti, il governo siriano ha deciso – per ragioni ancora non chiare – di interrompere la fornitura di farina a 10 panifici locali, causandone l’inevitabile chiusura; si stima che l’interruzione nella produzione di pane abbia colpito ben 250.000 famiglie, che ora non riescono più a procurarsi questo bene alimentare per loro essenziale. Questa circostanza ci ha posto inaspettatamente “in prima linea”, perché gestiamo uno dei pochi forni della zona in grado di fornire pane gratuitamente o a prezzi calmierati, in un contesto in cui la domanda è presumibilmente destinata ad aumentare in maniera imprevedibile. Per poter incrementare la produzione di pane e acquistare più farina, tuttavia, avremmo bisogno di fondi, di cui al momento non disponiamo; anche per questo abbiamo rivolto un appello a quanti vogliano aiutarci a rispondere a questa vera e propria “emergenza nell’emergenza”.

Qual è l’attività che Ai.Bi ha svolto in questi anni? Quali sono i risultati ottenuti?
Ai.Bi. è presente nella provincia di Idlib, nel nord della Siria, dall’inizio del 2014. Negli scorsi mesi, in partnership con Syrian Children Relief, abbiamo realizzato diverse iniziative a supporto della comunità locale di Binnish e dei villaggi circostanti. Oltre al forno, che costituisce uno dei progetti più importanti e ambiziosi, abbiamo supportato quattro cliniche locali attraverso la fornitura di medicinali e di fondi a copertura di parte delle spese di gestione; avviato un atelier di sartoria per circa 60 donne, per lo più donne sole con più figli a carico; consegnato mensilmente beni alimentari a circa 20 famiglie di orfani; allestito una ludoteca sotterranea che ospita tra i 150 e i 200 bambini dai 3 ai 6 anni, che ora possono giocare in sicurezza, al riparo dalle bombe; distribuito latte in polvere a circa 2.500 neonati a rischio malnutrizione. Tanto è stato fatto, per le famiglie siriane e i loro bambini, ma non sarà mai abbastanza. La crisi, infatti, continua a peggiorare e ad accanirsi sui più deboli, mentre i bisogni della popolazione crescono giorno dopo giorno. E non s’intravede all’orizzonte una possibile soluzione al conflitto.

In cosa consiste la campagna “io non voglio andare via” e come è possibile parteciparvi?
Si tratta della prima campagna di sostegno a distanza per aiutare i bambini siriani e le loro famiglie a rimanere nel loro paese. Siamo partiti dal fenomeno degli sbarchi nel sud Italia per andare a ritroso, a identificare e a intervenire sulle cause che spingono decine, centinaia, migliaia di disperati a fuggire dalle proprie case. Abbiamo scoperto che, il più delle volte, a provocare lo sfollamento non è tanto la paura delle bombe (nelle zone dove siamo noi, i raid aerei sono ancora frequenti), quanto la miseria, che a sua volta alimenta la disperazione. Per questo, attraverso i nostri progetti di emergenza, articolati in cinque ambiti d’intervento (cibo, salute, scuola, casa e gioco), cerchiamo di mettere le comunità locali all’interno della Siria in grado di accedere a quei beni primari o servizi essenziali che sono loro preclusi a causa della guerra. Solo così – crediamo – sarà possibile evitare che altre migliaia di siriani siano costretti a lasciare la propria terra e a imbarcarsi verso l’ignoto. È possibile supportare la campagna attivando un sostegno a distanza di 25 euro al mese sul sito www.aibi.it/siria, dove è disponibile l’apposito modulo da compilare, oppure scrivendo via email a sad@aibi.it o, ancora, chiamando lo 02.988.221 tasto 3. Con i sostegni raccolti, potremo proseguire le nostre attività o addirittura potenziarle, come ad esempio aumentare la produttività del forno per rispondere all’“emergenza pane” o costruire nuove ludoteche. L’obiettivo è di raggiungere idealmente 5.000 bambini, uno per ogni sostegno attivato. «Vivere da profughi‬ è come essere bloccati nelle sabbie mobili: più ti muovi, più affondi» ha detto un padre siriano di quattro figli a un funzionario delle Nazioni Unite. Aiutamoli a non diventarlo.‬‬