Annie Féolde: "Essere chef un lavoro maschile? Mai visto in questo modo" [INTERVISTA]

Annie Féolde dell'Enoteca Pinchiorri di Firenze è una donna chef che è riuscita a farsi largo in un panorama quasi solo maschile. L'abbiamo intervistata a Identità Golose a Milano.

Annie Féolde: “Essere chef un lavoro maschile? Mai visto in questo modo” [INTERVISTA]

Quando la incontri, capisci subito che è una donna da cui si può solo imparare. Non devono trarre in inganno i modi gentili o la simpatia, condita da quel senso dell’umorismo francese che non ha mai perso: Annie Féolde è riuscita ad imporsi in un mondo prettamente maschile ad alti livelli e se dobbiamo parlare appunto di Cucina, il maiuscolo qui non è un caso, lei, con l’Enoteca Pinchiorri, progetto portato avanti con passione insieme al marito Giorgio Pinchiorri, non può certo passare inosservata. Il ristorante infatti è uno dei più prestigiosi d’Italia e d’Europa, meta di tutte le buone forchette del mondo, che ha preso la sua prima stella Michelin nell’ormai lontano 1982 e ne mantiene tre dal 2004. Può vantare tra i suoi allievi, un volto noto della tv italiana, Carlo Cracco, che era nel team dell’Enoteca quando raggiunse il suo riconoscimento della terza stella. L’abbiamo incontrata a Identità Golose, una tre giorni milanese di congressi, showcooking e interviste alle più note menti del panorama culinario internazionale.

Com’è riuscita a imporsi in un panorama quasi esclusivamente maschile?
“Perché non ho mai pensato che fosse prettamente maschile, non c’è assolutamente bisogno di vederla in questo modo. Bisogna piuttosto cercare di esprimersi al meglio, facendo qualcosa che piaccia alla gente. Non ho visto nessuna differenza tra uomo e donna perché so bene che sono complementari, come nel mio caso. Mio marito si occupava dei vini e io di cucinare qualcosa che potesse metterli in luce al meglio. Non ho mai ricevuto una critica o una battuta contro di me in quanto donna”.

Cosa può dare in più una donna in cucina?
“La donna può dare quel qualcosa in più in cucina perché è più delicata, ha un occhio più sensibile dell’uomo. Spesso riesce a recuperare qualcosa che magari loro istintivamente accantonerebbero, e non si tratta del semplice risparmio, ma proprio del rendere più bello un piatto”

Un piatto che riassuma, un po’ come lei, la Francia e l’Italia, che rappresenti entrambe?
“Questa è una domanda difficile. Possiamo pensare alla cecina ligure e alla socca di Nizza, entrambe con la farina di ceci, anche se, forse sarà l’unica volta che lo dirò (ride, ndr), mi dispiace ma la socca di Nizza è più buona”

Durante la manifestazione Identità Golose, uno dei motivi di dibattito, anche con personalità di rilievo, come Matthew Kenney, uno dei guru internazionali della cucina plant-based, vegano-crudista, è lo sgomitare negli ultimi anni di questo nuovo modo di concepire la cucina, cosa ne pensa?
“Io capisco questa necessità di mangiare sempre più verdure piuttosto che carne o pesce. È diventata sicuramente una necessità per alcuni e una preferenza per altri. Dal punto di vista della cucina, si possono realizzare tantissimi piatti ottimi con le verdure, quello che spero è che queste persone lo facciano per la loro salute e non per farlo vedere ai propri amici, quello sì che sarebbe un peccato”.